Pubblichiamo qui di seguito il racconto di un’esperienza di razzismo vissuta da un nostro lettore in prima persona e dalla sua compagna, una mattina al mercato del lunedì di Cittadella, in provincia di Padova.
Ore 12.00, Cittadella (Padova), mercato cittadino all’interno delle bellissime mura che ne caratterizza il luogo, io vengo qui una volta al mese per trovare la mia ragazza che ha studiato e lavora qui. Circa un anno che mi trovo qui a sentirmi uno straniero nel mio territorio, una sensazione sottile che passa attraverso piccoli gesti e parole curve quotidiane, domande che già in sé chi le fa ha una risposta, distanze infinite. Dimenticavo, ho i capelli e la barba nera, mi chiamo Marco, ho 32 anni, sono un piccolo imprenditore siciliano che svolge la propria impresa a Ragusa e pago le tasse. Siamo al mercato oggi, io e la mia ragazza per la prima volta, usciamo per andare a comprare un pezzo di formaggio, ci fermiamo ad un banco e il proprietario non c’era, arriva dopo 5 minuti dal bar di buon umore, chiedo 300g di Parmigiano Reggiano, mi mostra un pezzo già tagliato e mi chiede se va bene, io rispondo che preferisco un altro taglio: qui tutto ha inizio.
Lui con impeto mi chiede di dove sei, io stanco di questa domanda rispondo chiedendo che importanza ha e lui, che aveva già la risposta, dice: siciliano, sardo, francese, americano..te lo dico perchè non capisci niente. Prendo il colpo, provo a farglielo notare ma continuo a stare sul formaggio, un pò toccato ma ancora non troppo, lui non accetta invece e continua dicendo… io ho un brutto carattere, da me non dovete venire, voi dovete andare da altri…voi chi?
Prendo il formaggio, c’è accanto a me una giovane signora con un passeggino, ascolta in silenzio ma si vede che non condivide le parole di quell’uomo..paghiamo, non ci fa pagare con il bancomat e non emette lo scontrino… dice pure che lui è nato in Sicilia e anche se ha mangiato cannoli schifosi ha comunque detto per gentilezza che sono buoni…e che sono sopravvalutati, niente di che… insomma inizia a sparare a destra e manca per attaccare… dico che non sarei più venuto a comprare il formaggio qui perché non si possono insinuare e dire certe cose, salutiamo la giovane signora e uno…due…tre passi…arriva la pugnalata: Siciliani…neanche sono Italiani.
Eh no..basta..io e la mia ragazza, Federica, torniamo indietro e non ci prendiamo queste parole, lui prima non ammette, ma poi la giovane signora conferma, nel frattempo ci sono 4 uomini cinquantenni che da dietro il furgone, davanti il bar, di buon umore sono lì che ridacchiano…per cosa? Decido di chiamare il 112, di chiedere giustizia per una violenza sottile ma dolorosa che non se ne può più: il carabiniere risponde che loro rispondono solo alle emergenze o reali offese, questo non era il caso. L’uomo vedendomi al telefono ha paura, inizia a chiedere scusa, scusa, scusa, volevo solo darti un pezzo di formaggio migliore. Non chiedeva scusa per le parole pronunciate… nel frattempo arrivano anche gli altri uomini per rimediare: rimediare cosa? Perché non prima?
Tornando verso casa penso che davvero questo paese non ha spazio per accogliere: neanche gli italiani. Voglio raccontare questa storia perché credo si rischi di associare razzismo e discriminazione solo a casi estremi, le grandi tragedie credo si nutrano di una parola e un gesto quotidiano ed è nel quotidiano che bisogna intervenire, il passato ci ha mostrato fin dove si può arrivare, a noi la scelta.
Cittadella, 27-01-2020
Marco Brugaletta