“Non c’era nessuna ambulanza a #PiazzaIndipendenza. A trattare i feriti solo il team MSF“. E’ quanto twittava ieri Stefano Spinelli, medico di MSF, intorno a mezzogiorno, dopo il violento sgombero di Piazza Indipendenza a Roma. Un video amatoriale mostra il cannone ad acqua della Polizia che, con getto fortissimo, solleva letteralmente da terra una signora per sbatterla poi sull’asfalto. Una violenza assurda. «E’ rimasta ferita, siamo riusciti a farla trasportare in ospedale» ha raccontato ancora Stefano, che dal giorno dello sgombero ha assistito i rifugiati. «Ho soccorso altre due persone che avevano traumi da manganello agli arti, una persona con il gomito sicuramente rotto». Qui di seguito il comunicato stampa di Medici senza Frontiere.
Il violento sgombero attuato dalla polizia questa mattina, nel centro della città di Roma, ha provocato molti feriti tra un gruppo di 100 rifugiati, tra cui molte donne, anziani e disabili.
La nostra équipe sul posto ha trattato in poche ore 13 persone, la maggior parte donne.
“Abbiamo chiamato le ambulanze per cinque persone ferite. Altri avevano fratture e lacerazioni causate dai metodi coercitivi utilizzati dalle forze dell’ordine,” racconta Francesco Di Donna, Coordinatore Medico di MSF, presente in Piazza Indipendenza.
Gli operatori di MSF sono intervenuti direttamente dopo che una donna è stata colpita dal getto d’acqua di un idrante, è caduta e svenuta. “Non vi erano ambulanze sul posto al momento dei disordini”, prosegue Di Donna.
Le persone erano accampate in condizioni igieniche precarie e con accesso limitato ai servizi igienici da cinque giorni.
Serve un’alternativa dignitosa
“È una vergogna che la mancanza di soluzioni abitative alternative abbia portato a una situazione di violenza. Urge garantire alle persone sgomberate un’alternativa dignitosa, a partire dai casi più vulnerabili”, dichiara Tommaso Fabbri, capo missione dei progetti di MSF in Italia.
La maggioranza delle persone assistite dall’équipe di MSF – presente da lunedì a Piazza Indipendenza per fornire supporto medico e psicologico alle persone che ne avevano bisogno – possiedono lo status di rifugiato. L’equipe di MSF era composta da un medico, due mediatori culturali e uno psicologo.