In Italia, si raccolgono firme per le più svariate ragioni. Spesso anche le petizioni online diventano virali e riscuotono molto seguito. E’ un modo come un altro per aggregare consenso (o dissenso?) attorno ad una problematica. Così accade che anche i cittadini di un piccolo paesino del Canavese, Settimo Vittone, organizzino una raccolta di firme contro l’”accoglienza”. Non è la prima volta che accade. Ma desta attenzione il fatto che un paesino di circa mille abitanti raccolga in poco tempo più di duecento firme. E tale dissenso viene espresso anche nelle vie cittadine (persino di borghi vicini), a chiare lettere, attraverso scritte vergate sui muri cariche di insulti contro i profughi e chi li accoglie. In particolare, l’ira funesta cittadina trova il suo capro espiatorio in un imprenditore locale di origini siciliane, “reo” a lor dire, di aver acquistato numerosi immobili sfitti o abbandonati ed averli trasformati in centri di accoglienza dati in gestione alle cooperative. Anche il parroco di zona, Don Nicola Anfossi, è “sotto accusa” per aver aperto le porte della parrocchia ai migranti (d’altronde ha semplicemente dato seguito a ciò che Papa Francesco ha chiesto di fare da tempo). Ed è proprio in vista di possibili e paventati altri nuovi arrivi (pare che il mese scorso siano arrivati altri trenta migranti, che hanno trovato ospitalità a Montalto Dora proprio da Don Nicola), che i cittadini si sono organizzati per tentare di “arginare” a modo loro questa presunta e non accetta “invasione”.
E fra gli abitanti non mancano le carrellate solite di visioni stereotipate della cosiddetta “emergenza”: «Qui ci sono molti italiani che hanno bisogno di aiuto, di una casa o di cibo perché hanno perso il lavoro. E poi vedi quelli di colore con l’iPhone, il cappellino all’ultimo grido, un tetto e un pasto garantito ogni giorno, qualche spicciolo in tasca e ti monta la rabbia», avrebbe dichiarato un’edicolante. «Scappano dalla guerra ci hanno detto, ma perché non si vedono donne e bambini ma soltanto uomini giovani e muscolosi?», ha continuato un altro cittadino ascoltato da un quotidiano locale.
Quindi, nonostante gli appelli all’accoglienza fatti tanto dal Papa, quanto da Piero Fassino, proprio la scorsa settimana, durante la riunione a Roma dell’ANCI (“Si è parlato della questione relativa all’immigrazione, che può essere gestita attraverso un patto per l’accoglienza che coinvolga Stato, regioni, comuni e mondo del volontariato per superare l’emergenza che riguarda profughi e migranti“), in alcuni casi il rapporto tra la gestione della cosiddetta “emergenza” e la normale routine della vita nei piccoli paesi sembra non funzionare. Del resto, se l’accoglienza è vissuta dai più (o mostrata) come un “business”, che va oltre le esigenze di solidarietà e la necessità di ospitare i profughi, e se l’immagine che viene veicolata risponde sempre ad una logica emergenziale, difficilmente riusciremo, anche in futuro, ad arginare queste spiacevole manifestazioni di “rifiuto”.