Un nuovo bando per il Servizio Civile. 37Mila posti, per ora. 100 in un triennio. E, finalmente, l’apertura ai giovani di cittadinanza non italiana. La riforma annunciata dal governo metterebbe un punto a una questione che va avanti da troppo tempo, e che si ripercuote sulla vita di molti ragazzi e ragazze. Una vicenda che abbiamo seguito in tutti i suoi passaggi: dal primo ricorso, presentato – e vinto – da un giovane di origini pakistane, all’appello presentato – e perso – dallo stato, dai vari bandi che non hanno mai rispettato le sentenze dei tribunali, agli altri ricorsi, sempre vinti, nella conferma di quella che i giudici hanno ritenuto “una discriminazione”.
Finalmente, sembra che la questione verrà affrontata, all’interno della riforma del Terzo Settore programmata dal governo. “Una cosa che vogliamo fare è aprirlo agli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro Paese”, spiega il sottosegretario al lavoro Luigi Bobba. Inoltre, sembra che potranno partecipare anche i richiedenti asilo. Stando alle prime informazioni il primo bando dovrebbe arrivare già a ottobre.
Una riforma utile e necessaria, vista la situazione di molti giovani, nati in Italia o arrivati da piccoli ma impossibilitati a partecipare a quella che i tribunali hanno definito “una forma di solidarietà sociale”.
Ma qualcuno non è dello stesso parere. Secondo Maurizio Belpietro l’intervento del governo “dimostra l’assoluta mancanza di aderenza alla realtà del gruppo di giovanotti che a Palazzo Chigi si occupa del Paese”. In un editoriale pubblicato ieri su Libero, dal titolo Servizietto civile, Belpietro annuncia la riforma, affiancandola a due elementi: la disoccupazione e l’arrivo di migranti.
“La disoccupazione è salita fino a sfiorare il 13 per cento e le persone rimaste senza lavoro sono circa 3,5 milioni, alle quali si aggiungono i cassa integrati”, scrive il giornalista, sottolineando che “i fondi per garantire a tutte queste persone i sussidi che consentono loro di tirare avanti si sono esauriti e il ministro del Lavoro è alla disperata ricerca di circa un miliardo per pagare la cassa integrazione in deroga”. Passando all’arrivo dei migranti, Belpietro prosegue: “Dall’inizio dell’anno siamo invasi da profughi, gente disperata che fugge dalle guerre ma anche dalla fame: in totale si stima che in pochi mesi siano sbarcati in 40 mila, ma mezzo milione di persone sarebbe pronto ad arrivare”. La simmetria è troppo evidente per non essere notata: con una costruzione retorica ampiamente rodata, Belpietro prima mostra alcuni effetti della crisi economica (disoccupazione, cassa integrazione, mancanza di soldi pubblici), per poi parlare degli arrivi dei migranti, sì “gente disperata”, da cui però “siamo invasi”.
Una situazione che, con uno stile decisamente sarcastico, il giornalista definisce “un bel quadro”, a fronte della quale “Matteo e i suoi compagni di avventura” – ossia il Parlamento – “si inventano una bella riforma del servizio civile che apra il medesimo non solo agli italiani,ma anche agli stranieri, profughi compresi”.
Cosa c’entrano la crisi e l’arrivo dei migranti – in gran parte richiedenti asilo – con il Servizio Civile?
Secondo il direttore di Libero “questo esercito dei buoni propositi” dovrà lavorare “per la protezione civile, l’assistenza, l’ambiente, il patrimonio artistico e culturale, il servizio civile all’estero. Si tratterà di un impiego in uno dei tanti uffici della Pubblica amministrazione, locale e statale. In tutto faranno 30 ore, spalmate su un minimo di 8 mesi che però potrebbero allungarsi a 12. In cambio i volontari riceveranno 433 euro, che allo Stato costeranno 6 mila euro l’anno. [..] Seimila euro moltiplicati per 100 mila volontari fa 600 milioni, che non sono propriamente bruscolini”. Insomma, il giornalista fa i conti per capire quanti soldi verranno utilizzati per il SCN, domandandosi inoltre se “non c’è la possibilità di impiegare nel servizio civile una parte di quegli impiegati dello Stato e degli enti locali ritenuti in eccesso”. Tendenzialmente no, e il motivo è, semplicemente, che il Servizio Civile non è una misura tampone per sanare i conti pubblici. Piuttosto, il SCN è “l’opportunità messa a disposizione dei giovani dai 18 ai 28 anni di dedicare un anno della propria vita a favore di un impegno solidaristico inteso come impegno per il bene di tutti e di ciascuno e quindi come valore di coesione sociale”, come indica il sito web dedicato (www.serviziocivile.gov.it).
Resta un dubbio: cosa c’entrano le persone che arrivano in Italia con la questione del Servizio Civile? “Questi profughi, una volta richiesto asilo, potranno partecipare al bando – spiega Belpietro – ricevendo, in caso di partecipazione con successo, 433 euro al mese, ossia un gruzzolo di poco inferiore a quello incassato da precari e pensionati al minimo”. Ecco: secondo l’editorialista la riforma del Servizio Civile sarebbe “uno straordinario incentivo ai profughi per sbarcare in Italia”.
Belpietro non è solo: il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri, deputato di Forza Italia, parla di una “connotazione terzomondista” dietro cui si potrebbe nascondere “l’ennesima sanatoria per i richiedenti asilo, e con tanto di assegnino”. E’ sempre Libero, in un articolo di Tommaso Montesano, a riportare la posizione di Gasparri, proseguendo: “Il timore, visto il riferimento del governo agli immigrati, è che il nuovo servizio civile si traduca in un’ulteriore agevolazione ‘per l’importazione dei clandestini’”.
Di fronte a queste dichiarazioni, alcune note possono essere utili per consentire al lettore una migliore comprensione della situazione.
I richiedenti asilo sono persone che domandano protezione, e che attendono molti mesi, più di quanto sancito dalla legge, per ottenere una risposta. Le sanatorie, invece, sono solitamente pensate per regolarizzare la posizione dei migranti cosiddetti “economici”, e di solito lo stato stabilisce delle quote di persone da regolarizzare, anche in base al paese di provenienza e a seconda del lavoro per cui si fa la richiesta di regolarizzazione.
I richiedenti asilo sono e saranno sempre privi di documenti di ingresso, ossia di visto: proprio perché fuggono dal proprio paese non si trovano nella posizione di chiedere questi documenti alle proprie istituzioni. Continuare a definirli “clandestini”, un termine dispregiativo che dovrebbe essere evitato in ogni caso, è anche sbagliato nel merito.
Della crisi risentono tutti, italiani e stranieri: la contrapposizione di questi due gruppi sociali, continuamente riproposta da media e politici, alza muri ma non aiuta in alcun modo a uscire dalla situazione. Così come non è utile accogliere qualsiasi misura legata alla persona, ai servizi di welfare o al terzo settore come una spesa, qualcosa che “costa alle casse dello stato”. Piuttosto, queste strategie retoriche spostano l’attenzione su capri espiatori: ma la crisi non si combatte smantellando il tessuto sociale, già debole. Servirebbero investimenti proprio laddove lo stato, da anni, taglia: servizi alla persona, istruzione, accoglienza. Il Servizio Civile fa parte di questa area: “garantisce ai giovani una forte valenza educativa e formativa, una importante e spesso unica occasione di crescita personale, una opportunità di educazione alla cittadinanza attiva, contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese”, si legge sul sito dell’Ufficio del SCN. E’ un’esperienza che aiuta a sviluppare quella “solidarietà sociale” di cui parlano i Tribunali, e che tanto manca attualmente al nostro paese.