La Cassazione ha respinto il ricorso presentato da una cittadina albanese disabile contro il Ministero dell’economia. La donna nel 2011 non aveva potuto partecipare a un concorso per l’assunzione di cinque lavoratori disabili presso l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, perché destinato solo a cittadini italiani e comunitari. Un requisito discriminatorio, secondo la donna. Una specifica in linea con la legge, secondo la Cassazione, che nella sentenza depositata due giorni fa cita anche la legge europea 2013, con cui si è esteso l’accesso ai posti pubblici ai “cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo” (la cosiddetta carta di soggiorno).
“Il legislatore con il recente intervento ha ampliato l’accesso ai pubblici impieghi solo a determinate categorie di cittadini extracomunitari, allo scopo di ricomprendervi i soggetti direttamente garantiti dalle Direttive Comunitarie”, si legge nella sentenza. “Il riferimento solo ad alcune categorie, manifesta la persistente volontà del legislatore di escludere le ulteriori categorie di cittadini extracomunitari non espressamente contemplati”. Un’esclusione riconosciuta dalla Cassazione, quindi, che sottolinea anche come, durante la discussione della Legge Europea 2013, il governo accolse due ordini del giorno nei quali si chiedeva di allargare l’accesso al pubblico impiego a tutti i cittadini stranieri legalmente soggiornanti in Italia: possibilità che però non si sono mai “tradotte in un intervento normativo”.
Sulla questione interviene l’Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione), che fa notare come la sentenza della Cassazione riguardi un caso antecedente la modifica legislativa apportata dalla legge europea del 2013, e coinvolga una cittadino non comunitaria priva di uno dei titoli di soggiorno che danno diritto a partecipare ai concorsi pubblici. Da un anno infatti “la maggioranza dei cittadini non comunitari presenti sul territorio nazionale è ammessa, per legge, a partecipare ai concorsi pubblici per tutte le posizioni di lavoro che non comportino l’esercizio di pubbliche funzioni”: si tratta, oltre che dei soggiornanti di lungo periodo, “dei titolari di permessi per protezione internazionale e dei loro familiari”, oltre che dei familiari di cittadini comunitari.
Il problema reale, secondo Asgi, risiederebbe nel fatto che “le pubbliche amministrazioni appaiono spesso in grave ritardo nell’adeguarsi, [..] tanto che molti bandi di concorso risultano ancora formulati in termini illegittimi o ambigui”: un aspetto su cui Asgi ha recentemente chiesto un intervento del Dipartimento della funzione pubblica.
Qui l’intervento di Asgi