“La tragedia dei migranti, con oltre 700 morti nel Canale di Sicilia, ha provocato naturalmente moltissimi commenti e reazioni sulla nostra pagina Facebook. In buona parte ispirati dalla solidarietà e dal senso di umanità ma purtroppo c’è stata anche una minoranza che ha dato libero sfogo all’odio, al razzismo e a sentimenti più negativi e ignobili. A causa di questo, di un uso dei social media assolutamente vergognoso e deviante da parte di questa minoranza, e per non dare loro nessuno spazio, ci siamo visti costretti a bloccare e cancellare i commenti eliminando il post: su questa pagina è consentita la massima libertà di espressione ma non quella di offendere la dignità umana e il rispetto per la vita”.
Pubblichiamo interamente la nota con cui il quotidiano La Nuova Sardegna ha deciso di prendere posizione contro i molti post razzisti e violenti apparsi sulla propria pagina Facebook, a commento della notizia dell’ennesimo naufragio di una barca, costato la vita a più di ottocento persone. Un orrore che è stato accompagnato da un’ondata di disumanità, purtroppo non senza precedenti.
Non è infatti la prima volta che in rete si scatenano razzismo e odio come reazione a episodi gravi: il senso di umanità e di rispetto lascia sempre più spesso il passo a una violenza estrema. Anche la morte di circa ottocento persone scappate dalle guerre non ha fatto eccezione.
Un fenomeno su cui lancia l’allarme anche l’Unar ( Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziali): “Sono tantissime le segnalazioni che stanno pervenendo al nostro Contact center di siti, chat e blog che non danno tregua alla intolleranza razzista neanche davanti a una tragedia così immane”, sottolinea il direttore Marco De Giorgi. “Questa ondata di incitamento all’odio razziale, ai limiti dell’illecito penale, si nutre della paura delle persone speculando sulla tragedia altrui con centinaia di post razzisti, alimentando pregiudizi e stereotipi che non possono che generare altra violenza e sofferenza”, prosegue De Giorgi.
Il fenomeno dell’hate speech on line, ossia dei discorsi di odio che corrono sul web tramite i social network, si va affermando, complice il fatto che in queste piattaforme virtuali tutto è commentabile senza che vi sia da parte dei gestori un intervento. Così accade che sempre più spesso soggetti collettivi attivi nella società civile si vedano chiudere i propri profili mentre le violenze verbali, gli insulti razzisti e i messaggi di odio possano volare indisturbati nel web.
Un fenomeno che obbliga a interrogarci sulla società in cui viviamo. E a prendere posizione, tutte e tutti, nessuna e nessuno escluso.