Ancora storditi dai fatti di Parigi, lasciamo scivolare nel nulla notizie che invece andrebbero diffuse e commentate. E mentre si attendono gli esiti della riunione straordinaria dei ministri degli Interni dell’Unione europea a Bruxelles, nella quale all’ordine del giorno c’è una bozza di un documento che rispecchia le richieste francesi di intensificare i controlli sui confini esterni dei paesi membri e di aumentare le misure di sicurezza della “Fortezza Schengen”, c’è chi in Europa, di fatto, sta già applicando “filtri” arbitrari ai confini, innalzando nuove “barriere”, militarizzando le “frontiere” e ovviamente violando i diritti umani basilari.
Nel pomeriggio del 18 novembre, la Serbia ha annunciato che nel paese possono ora entrare soltanto rifugiati e richiedenti asilo che provengono da Siria, Afghanistan e Iraq. Subito dopo, si è mossa la Macedonia (per la precisione la Fyrom, Former Yugoslav Republic of Macedonia come la definiscono puntigliosamente i greci, per non confonderla con la loro regione omonima di confine) che ha annunciato misure equivalenti e ha fatto i primi passi per alzare una barriera al confine con la Grecia (l’ennesima dopo quella ungherese, slovena e austriaca), nel tentativo di ridurre il numero di migranti e rifugiati che intendono arrivare in Europa del nord attraverso il suo territorio.
La notizia è stata resa nota ieri dal quotidiano greco Kathimerini, ma, a quanto pare, il Consiglio di sicurezza nazionale ha dato già da tempo il via libera all’operazione. Secondo giornalisti della France presse, sono circa 2mila i migranti in attesa dal 19 novembre di passare dalla Grecia alla Macedonia.
A seguire, sono arrivati annunci analoghi di Croazia e Slovenia: i cittadini di paesi come il Marocco, il Bangladesh, lo Sri Lanka, l’Algeria, il Congo o il Pakistan da oggi verranno considerati “migranti economici” e come tali verranno automaticamente respinti alle frontiere. A Zagabria il portavoce della polizia, Marina Mandic, ha detto che «la Croazia accetta solo migranti provenienti da zone di conflitto».
Siamo di fronte ad una decisione a catena disastrosa che prova un effetto domino preoccupante. E reazioni di protesta sono arrivate dall’Alto commissariato ONU per i rifugiati. Per l’UNHCR, la discriminazione alle frontiere sulla base esclusiva della nazionalità (il cosiddetto “racial profiling”) è assolutamente inaccettabile. “Ad ogni rifugiato deve essere garantito il diritto, che è personale, di poter presentare la propria domanda di protezione umanitaria”, ha ricordato Melita Sunijć, portavoce dell’organizzazione.
Questa politica discriminatoria che tende a separare i rifugiati di classe A e classe B è la chiara rappresentazione di cosa significa (o non significa!) per l’Europa l’accoglienza: barriere, filo spinato e ipocrisia. Un’ipocrisia che tende a rimuovere le decine di guerre e conflitti che negli ultimi venti anni hanno sconvolto le diverse aree del pianeta, scoprendo solo adesso che l’orrore della guerra e delle azioni militari aggressive non risparmia nessuno.