Le ultime dichiarazioni del Presidente della Commissione Europea Junker danno qualche speranza al Governo italiano: la manovra effettuata con la legge di stabilità potrà probabilmente godere di un margine di flessibilità sul deficit aggiuntivo pari allo 0,2%, grazie alla cosiddetta “clausola migranti” per un valore di 3,1 miliardi. Ciò sulla base degli art. 5.1 e 6.3 del regolamento CE 1466/97 e dell’art.3 del Fiscal Compact che consentono una deviazione temporanea dall’obiettivo del raggiungimento del pareggio di bilancio in circostanze “eccezionali” ovvero quando “concorrono eventi inconsueti non soggetti al controllo della parte contraente interessata che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione”.
Tutti ne parlano, in pochi hanno analizzato in dettaglio: 1) come il Governo intende utilizzare questo margine aggiuntivo; 2) come è stato calcolato.
Sul primo punto l’opinione pubblica dovrebbe sapere che, se riconosciuta, la possibilità di aumentare l’indebitamento netto di 3,1 miliardi, verrebbe impiegata dal governo per anticipare al 2016 la riduzione delle aliquote Ires (imposta sul reddito delle imprese) dal 27,5 al 24% prevista per il 2017. Un bel regalo alle imprese fatto, letteralmente, sulla pelle dei migranti.
Per inciso va ricordato che una prima riduzione aveva portato l’imposta al 27,4% nel 2008 (prima era del 33%) senza voler considerare l’IRPEG (imposta che l’Ires ha sostituito nel 2008), che dal 37% del 2000, anno in cui era stata istituita, era già scesa al 33% nel 2007.
In sostanza, con la nuova decurtazione, l’imposta sul reddito delle imprese subirebbe una diminuzione, nell’arco di 16 o 17 anni, di 9 punti. Ma per quanto ci riguarda in questa sede, ciò che vale la pena di indagare è la metodologia con la quale è stato calcolato l’impatto economico e finanziario dell’accoglienza e del salvataggio dei migranti per giustificare la richiesta alla Commissione Europea di una maggiore flessibilità. Ci aiuta il Documento Programmatico di Bilancio 2016, pag.16-19, disponibile qui.
La Ragioneria Generale dello Stato presenta due stime della spesa attribuibile alla “crisi migranti”: una prevede che i flussi restino costanti, l’altra che vi sia una crescita degli arrivi di 1.000 minori stranieri l’anno, di circa 62mila persone da accogliere nelle strutture governative e di 3,5 mila richiedenti asilo e rifugiati da accogliere nello SPRAR, in totale 66.500 nuovi arrivi aggiuntivi.
Traducendo le percentuali della spesa in dettaglio fornite dal Mef-RGS si ricostruisce quanto segue.
I dati per il 2015 e il 2016 sono messi a confronto con la spesa sostenuta nel triennio 2011-2013, in cui non è considerata quella relativa all’emergenza Nord-Africa proclamata nel 2011. La spesa stimata nel triennio è di 1,326 miliardi di cui 333,4 milioni per le operazioni di soccorso in mare, 570,16 per l’accoglienza e 423,27 per sanità e istruzione.
Nel 2014 la spesa stimata è pari a 2,668 miliardi, di cui 670,68 per il soccorso in mare, 1,146 miliardi per l’accoglienza e 851,36 milioni per sanità e istruzione.
Nel 2015 si stima che la spesa raggiunga entro fine anno i 3,326 miliardi, di cui 835,96 milioni per il soccorso in mare, 1,429 miliardi per l’accoglienza e 1,061 miliardi per sanità e istruzione.
Sulla base di questi dati è fornita la stima per il 2016 che prevede a flussi costanti una spesa complessiva di 3,3 miliardi e secondo uno scenario di crescita una spesa pari a 3,994 miliardi.
Il contributo UE alla spesa complessiva, derivante dal fondo per le frontiere esterne, per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi, dal fondo europeo asilo e da quello per i rimpatri è stimato per l’intero periodo 2011-2016 pari a 479,1 milioni di euro.
I dati su esposti suscitano alcune considerazioni.
1. Nel 2015 la spesa per il soccorso in mare risulta superiore a quella registrata nel 2014, anno in cui è stata operativa fino alla fine di ottobre Mare Nostrum, la missione avviata dal governo Letta, a seguito della strage del 3 ottobre 2013, in cui persero la vita almeno 366 migranti. Le polemiche che hanno contraddistinto il funzionamento della missione italiana sembrerebbero non aver fermato per fortuna l’investimento di risorse pubbliche nelle operazioni di soccorso e salvataggio in mare dopo la sua chiusura.
2. Le risorse destinate all’accoglienza raddoppiano nel 2014 e triplicano nel 2015 rispetto al triennio precedente. Il costo medio al giorno per l’accoglienza nelle diverse tipologie di strutture è calcolato in 45 euro per i minori stranieri non accompagnati, in 32,5 euro per le persone accolte nelle strutture di accoglienza governative e temporanee e in 35 euro per le persone accolte nello SPRAR.
La stima proposta nel Documento programmatico di bilancio per le spese di accoglienza differisce da quella contenuta nel ‘Rapporto sull’accoglienza di migranti e rifugiati in Italia. Aspetti, procedure, problemi’ pubblicato dal Ministero dell’Interno nell’ottobre 2015, che la quantifica in 633 milioni nel 2014 e la stima in 1,162 miliardi per il 2015: circa mezzo miliardo in meno nel 2014 e circa 267 milioni in meno per il 2015.
Al sistema di accoglienza ordinario per richiedenti asilo e rifugiati (lo SPRAR) va solo una parte degli stanziamenti. Questo il documento programmatico non lo esplicita, ma i dati offerti sul numero di persone accolte nelle diverse strutture consentono di affermarlo: nei cosiddetti “centri governativi” (CARA, CDA, CIE e CPSA) e nelle circa 1800 strutture temporanee (CAS) a settembre 2015 risultavano accolte 77mila persone rispetto alle 26mila accolte nello SPRAR e ai più di 10mila i minori stranieri non accompagnati accolti in strutture dedicate per un totale di circa 113mila persone accolte.
Anche in questo caso i dati differiscono da quelli forniti dal Ministero dell’Interno che parla di 99.096 “posti/presenze” nelle strutture di accoglienza al 10 ottobre 2015 (pag. 28) di cui 70.918 assicurate da ben 3.900 Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS).
In ogni caso è indubbio che il sistema di accoglienza italiano sia in gran parte ancora oggi costituito da strutture di accoglienza temporanee per le quali si procede con affidamento diretto da parte delle Prefetture agli enti gestori in via straordinaria ed emergenziale. Con tutte le conseguenze del caso, come ci ricorda purtroppo l’indagine “Mafia Capitale” per la quale si apre il processo il prossimo 5 novembre. La stima delle spese dell’accoglienza nelle strutture governative comprende per altro anche i costi relativi ai CIE che certo non possono essere ricondotti all’attività di accoglienza, essendo la loro funzione quella di facilitare l’esecuzione dei provvedimenti di espulsione dei migranti privi di titolo di soggiorno.
3. Il Documento programmatico non fornisce dettagli su come sono state stimate le spese aggiuntive per l’istruzione e la sanità che insieme supererebbero il miliardo di euro nel 2015 e nel 2016. In uno studio del 2013 Lunaria aveva stimato la spesa sanitaria imputabile ai cittadini stranieri in circa 5,1 miliardi di euro (Qui è possibile scaricare la sintesi e il testo completo del dossier I diritti non sono un costo). Più recentemente la Fondazione Moressa ha proposto una stima più bassa, pari a 3,9 miliardi. Per quanto riguarda l’istruzione i due studi hanno stimato una spesa complessiva di 4,8 miliardi (Lunaria) e di 3,6 miliardi (Fondazione Moressa). In entrambi i casi il dato è riferito all’intera popolazione dei cittadini stranieri stabilmente residenti ovvero, secondo ISTAT, a 4,3 milioni di persone nel 2013.
Resta difficile dunque comprendere come possa essere quantificata una spesa straordinaria di un miliardo di euro l’anno per sanità e istruzione riferita a quella che è definita “l’emergenza migranti”, se i nuovi arrivi aggiuntivi sono quantificati in 66.500 l’anno.
La legge di stabilità e gli allegati alla Legge di Bilancio 2016 non forniscono purtroppo ulteriori dettagli: la trasparenza del bilancio, sebbene si siano fatti alcuni passi in avanti negli ultimi anni, continua a rimanere carente nel nostro paese. E’ possibile ricostruire gli stanziamenti solo per alcune voci di spesa che non permettono un confronto utile con quanto previsto nel Documento programmatico di bilancio 2016.
Ci auguriamo che il futuro ci riservi un passo in più nella direzione della trasparenza. Nel frattempo, il dubbio che il fatidico “sconto” sia stato sovrastimato resta.