Oggi Usb ha indetto un giorno di sciopero dei braccianti. Invita tutte e tutti a non comprare prodotti agricoli nei supermercati. Una manifestazione è in corso questa mattina a Foggia e cesti di frutta e verdura saranno consegnati in diverse Prefetture italiane.
Le ragioni di questo sciopero ci sono tutte.
Ci parlano della resistenza che attraversa la storia delle classi dirigenti del nostro paese a guardare alla dignità e ai diritti dei lavoratori (non solo agricoli), prima che agli interessi delle imprese.
Lo sciopero segue la pubblicazione del decreto Rilancio che prevede all’art.103 quel provvedimento di emersione del lavoro nero tanto atteso dalle migliaia di cittadini stranieri senza documenti presenti nel nostro paese.
Usb sciopera perché giustamente lo ritiene inadeguato. E lo è.
“Facciamo comodo quando c’è da raccogliere pomodori e zucchine per la Grande Distribuzione Organizzata destinate alle tavole (non soltanto italiane), ma diamo decisamente fastidio quando chiediamo diritti (a prescindere dalla provenienza) come un salario dignitoso, la possibilità di iscriverci all’anagrafe per avere diritto a un medico di base, un’abitazione dignitosa e una vita umana. Il Decreto Rilancio non consentirà a noi braccianti, né a tante altre categorie di invisibili e precari, il diritto alla dignità.”
La novità è la richiesta di solidarietà ai consumatori e l’invito a non acquistare oggi frutta e verdura dei supermercati. La filiera di distribuzione dei prodotti agricoli ha infatti enormi responsabilità nel mantenimento di condizioni di lavoro e di salari indegni nelle campagne. E il provvedimento di emersione del lavoro varato dal Governo non è certo sufficiente per risolverle. Ciò che è avvenuto qualche giorno fa al bracciante di Hermada (Latina), pestato dal proprio datore di lavoro perché ha osato richiedere la mascherina (ne parliamo qui) è illuminante.
La storia del lavoro straniero in agricoltura è attraversata da proteste e ribellioni.
A Villa Literno, il 24 agosto 1989, fu ucciso Jerry Masslo, rifugiato sudafricano, mai riconosciuto come tale dallo Stato italiano, colpevole di essersi ribellato al tentativo di furto compiuto da una banda locale nella baracca in cui abitava con alcuni compagni. Masslo svolgeva un ruolo attivo nell’organizzazione delle prime proteste dei braccianti.
L’unica protesta pubblica contro la camorra la dobbiamo a centinaia di immigrati africani (molti dei quali lavoravano già allora nei campi) che il 19 settembre 2008 a Castel Volturno si ribellarono all’orrore della strage razzista compiuta il giorno prima, nei pressi della sartoria Ob ob exotic fashon, sulla statale Domiziana in località Ischitella, frazione di Castel Volturno. Un commando di cinque uomini sparò all’impazzata 130 colpi: morirono sei giovanissimi immigrati africani, uno si salvò solo perché si finse morto. I colpevoli (una fazione del clan camorrista dei Casalesi) furono individuati e arrestati proprio grazie alla testimonianza del giovane ghanese sopravvissuto.
Tra il 7 e il 10 gennaio 2010 quella che sarà ricordata come la ribellione di Rosarno seguì gli ennesimi attacchi razzisti subiti dai braccianti stranieri della Piana, raccogliendo la rabbia e la frustrazione accumulate in anni di sfruttamento e di soprusi. Nel pomeriggio del 7 gennaio, tra le 13,30 e le 14, gli spari di un’arma ad aria compressa colpirono due braccianti africani. Qualche ora dopo, quattrocento migranti organizzarono due blocchi stradali sulla statale 18 e in un’altra zona della cittadina, poi entrarono in corteo nel centro e danneggiarono alcune auto e vetrine. Un altro corteo seguì il giorno dopo. La ribellione “disturbò” qualcuno e partì una vera e propria caccia al nero che si concluse con la partenza “volontaria” di circa 250 braccianti e la vergognosa deportazione a Bari e a Crotone di altri 748 lavoratori con autobus della polizia.
Furono sempre i braccianti a promuovere un’altra iniziativa importante un anno e mezzo dopo: dalla masseria Boncuri di Nardò, in provincia di Foggia, il 30 luglio 2011 partì il primo sciopero autorganizzato dei braccianti stranieri impiegati nella raccolta di pomodoro. Chiesero contratti di lavoro regolari, salari decenti, di abolire il sistema del caporalato, sistemi di trasporto pubblici sicuri, presidi sanitari nei campi, case e servizi.
A distanza di anni, le condizioni di sfruttamento del lavoro agricolo, se possibile, sono peggiorate e molti sono i braccianti che nelle campagne hanno perso la vita.
Persino in questi giorni un dibattito surreale si è svolto sull’opportunità o meno di varare l’ennesima regolarizzazione. Si è parlato delle braccia, della frutta e della verdura che rischiano di marcire nei campi, poco delle persone che le raccolgono. E il provvedimento di emersione pubblicato ieri, a causa dei requisiti di accesso richiesti, lascia nell’invisibilità migliaia di lavoratori.
Per questo oggi ha senso esprimere solidarietà ai braccianti stranieri in sciopero.
Non andiamo al supermercato.