Se fosse confermato, il fatto emerso oggi – l’annegamento di dodici persone di fede cristiana, provocato da compagni di viaggio musulmani – sarebbe estremamente grave. Proprio per questo, la cautela è d’obbligo.
Nella mattinata di ieri sono sbarcate al porto di Palermo circa 100 persone, in prevalenza cittadini nigeriani, ghanesi, senegalesi ed ivoriani. “I sopravvissuti – si legge nel comunicato diffuso dalla Questura di Palermo – hanno raccontato di essersi imbarcati il 14 aprile su un gommone, partito dalle coste libiche e stipato di 105 passeggeri”. I sopravvissuti: perché purtroppo anche questi arrivi si portano dietro un carico di morte. Ma stando alle prime informazioni non si tratterebbe di un naufragio: “attraverso le audizioni rese da una decina di naufraghi, tutti di nazionalità nigeriana e ghanese, il personale della Mobile palermitana ha appreso particolari agghiaccianti sul viaggio di fortuna intrapreso a partire dalle coste libiche”, specifica il comunicato della Questura. Che parla di “annegamento generato dall’odio umano”. “In corso di traversata – prosegue il comunicato – i nigeriani ed i ghanesi, aliquota (! Ndr.) in minoranza, sarebbero stati minacciati di morte, in particolare di essere abbandonati in acqua, da una quindicina di passeggeri, di nazionalità ivoriana, senegalese, maliana e della Guinea Bissau. Il motivo del risentimento sarebbe stato rintracciato nella professione, da parte delle vittime, del credo cristiano al contrario di quello musulmano professato dagli aggressori. Le minacce si sarebbero concretizzate di lì a poco ed avrebbero visto soccombere tra i flutti del mar mediterraneo dodici individui, tutti di nazionalità nigeriana e ghanese. I superstiti si sarebbero salvati soltanto perché oppostisi strenuamente al tentativo di annegamento, in alcuni casi formando anche una vera e propria catena umana”. Le 90 persone sopravvissute sono state intercettate in acque internazionali e soccorse dalla nave Foscari della Marina militare. Mentre proseguono le indagini per individuare eventuali altri responsabili, “quindici soggetti di nazionalità ivoriana, malese e senegalese, gravemente indiziati del delitto di omicidio plurimo, aggravato dall’odio religioso”, sono stati fermati dalla Polizia di Stato. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha firmato l’autorizzazione a procedere, come previsto dall’articolo 10 del Codice penale in caso di reato commesso da stranieri contro altri stranieri fuori dai confini nazionali.
Il fatto reso noto dalla Prefettura di Palermo se confermato sarebbe di una gravità inaudita e (almeno a nostra memoria) senza precedenti. In effetti le testimonianze rese dai sopravvissuti, secondo quanto riportato dalla stampa, sembrano concordanti, ma scorrendo le pagine dei quotidiani, emergono anche altri dettagli che potrebbero gettare una luce diversa sull’accaduto: “Ci potrebbe essere anche un movente più pratico, ovvero il controllo delle esigue scorte d’acqua che c’erano a bordo dell’imbarcazione di fortuna. Con il passare delle ore le riserve si sarebbero assottigliate e questo ha reso la situazione ancora più precaria. I musulmani allora avrebbero preteso il controllo delle scorte d’acqua, estromettendo i cristiani. Un motivo in più di scontro, sfociato poi in una vera e propria strage”, scrive Il Giornale di Sicilia. “Che tra i gruppi vi fossero ruggini per altre ragioni, gli investigatori non lo escludono. [..] Il gruppo di migranti era a bordo di un barcone e si sta cercando di capire come sia stato possibile che avvenisse a bordo una rissa tra 30 persone senza che il natante si ribaltasse”, si legge sull’Avvenire.
La tragicità della situazione obbliga a mantenere una fondamentale prudenza, a evitare generalizzazioni: le stesse che da mesi campeggiano su molti quotidiani, che animano social network e discussioni televisive, e che alimentano il dibattito pubblico. Sono proprio le generalizzazioni a soffiare sul fuoco, a creare divisioni e generare odio. “Non esaspererei il concetto dell’odio religioso”, sottolinea monsignor Giancarlo Perego, direttore della fondazione Migrantes dalle pagine de La Repubblica, parlando di “una tragedia nella tragedia”: “Siamo davanti a un dramma frutto più che altro della disperazione. Semplicemente si deve dire che sui barconi queste povere persone purtroppo a volte si portano dietro anche le divisioni e le miserie che vivono nei propri Paesi. Paesi difficili, dove le divisioni religiose sono all’ordine del giorno”. Gli fa eco un altro esponente cattolico, Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, che dalle pagine del Giornale di Sicilia afferma: “Macché religione, su quella barca solo paura della diversità”.
Ma l’invito alla cautela non sembra essere stato raccolto: il Messaggero scrive “i musulmani, degni emuli dei tagliagole dell’Isis”. Il Tempo titola esplicitamente “Guerra di religione. Il Mare Nostrum musulmano”. Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, chiede “che sia data a priorità ai rifugiati di religione cristiana rispetto a tutti gli altri” e su twitter distingue “profughi cristiani e immigrati musulmani”. Il leghista Massimiliano Fedriga afferma che “Renzi e Alfano stanno facendo sbarcare estremisti islamici violenti e accaniti contro i cristiani”.
A volte gli “altri” sono tutti, indiscriminatamente: sono tutti stranieri e “la nostra gente” sta subendo “un’invasione”. In questo caso, gli “altri” sono “i musulmani”. Le divisioni cambiano a seconda della notizia del giorno, in una continua strumentalizzazione politica ancora una volta fatta sulla pelle delle persone.
La “paura della diversità” di cui parla monsignor Mogavero non esiste solo sui barconi, o nei paesi dilaniati dalle crisi umanitarie che noi percepiamo solo di sponda: è il fulcro intorno a cui sempre più spesso vengono costruiti discorsi mediatici e politici sensazionalistici, che parlano alla pancia delle persone invece di farle riflettere e ragionare sulla complessità del mondo presente. Un meccanismo di stigmatizzazione che non porta ad alcuna soluzione, il cui unico effetto è quello di esasperare tensioni e problemi. Ora più che mai, sarebbe invece necessario avviare un dibattito meno strumentale: o qualcuno desidera davvero che certe profezie evocate da mesi in ogni spazio e in ogni luogo si autoavverino? Come non capire che generalizzazioni ed enfatizzazioni come quelle presenti sulla stampa di questa mattina possono causare effetti a catena dalle conseguenze imprevedibili e certo non augurabili?