I timori di ieri sono purtroppo stati confermati. Sarebbero 300, secondo quanto riferito dall’Unhcr, le vittime accertate dell’ennesima strage avvenuta nel Mar Mediterraneo. E il numero delle persone che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa potrebbe crescere drammaticamente.
Solo l’altro ieri 29 persone sono morte assiderate durante le operazioni di salvataggio, avvenute nel canale di Sicilia, di fronte alle coste libiche. Ma già si pensava con preoccupazione ai dispersi: i 76 sopravvissuti parlavano infatti di altri tre gommoni partiti con loro dalla Libia. Ieri ne sono stati trovati due: sette persone in uno, due nell’altro. Nove sopravvissuti in tutto, tra cui un minorenne. “Sono in nove e sono sani e salvi dopo quattro giorni in mare. Gli altri 203 li ha inghiottiti il mare”, ha scritto su Twitter Carlotta Sami, portavoce italiana dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr). Duecentotre morti ieri, 29 morti l’altro ieri. Numeri da guerra, a cui si aggiungono i dispersi della quarta imbarcazione, su cui, secondo le testimonianze, viaggiavano oltre cento persone.
“Da un anno e mezzo chiediamo con forza di potenziare le capacità di salvataggio di vite umane nel Mediterraneo”, ha affermato Lorens Jolles, delegato Unhcr per il sud Europa. “Il governo italiano con Mare Nostrum ha dimostrato l’impegno a voler trovare una soluzione, e l’Unhcr ha più volte fatto appello affinché l’operazione diventasse di gestione europea. L’operazione Triton non ha come suo mandato principale il salvataggio di vite umane e quindi non può essere la risposta di cui c’è urgente bisognoSorprende – ha concluso Jolles – che non ci sia ancora la capacità di farsi carico di questo impegno data l’entità della crisi umanitaria in corso”. Gli ha fatto eco Save the Children che, insieme a altre ong (Ai.bi., Amnesty International Italia, Caritas Italiana, Centro Astalli, Emergency, Fondazione Migrantes, Intersos, Terre des Hommes) ha lanciato un appello al governo italiano e all’Unione europea: “Di fronte alle dimensioni della tragedia che ha coinvolto, secondo le prime testimonianze raccolte dai sopravvissuti al Cpsa di Lampedusa, un totale di circa 450 migranti- ha dichiarato il direttore di Save the Children Valerio Neri – l’inerzia del governo italiano e dei membri dell’Unione Europea è inaccettabile. Chiediamo che il governo italiano si attivi immediatamente esigendo un incontro urgente e straordinario del Consiglio dei ministri dell’Interno dell’Unione Europea per ripristinare l’operazione Mare Nostrum o un sistema di soccorso simile che abbia il mandato, la capacità e i mezzi necessari per evitare che altre tragedie si ripetano”. Infatti, se le cattive condizioni meteorologiche hanno causato questi naufragi, “sono le scelte politiche dei Paesi europei le cause profonde che li hanno determinati”, come evidenzia Luca Cusani, presidente del Naga, il quale sottolinea che “sebbene Mare Nostrum abbia avuto il merito di salvare molte vite umane e una sua riattivazione sia auspicale, le morti in mare possono essere evitate solo attraverso un ripensamento generale delle politiche migratorie europee”.
E proprio oggi, mentre le bare con i 29 corpi venivano imbarcate sul traghetto per Porto Empedocle per poi essere tumulate nei cimiteri dei comuni siciliani dell’Agrigentino che hanno dato disponibilità, l’alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini ha annunciato la convocazione di un incontro “per rivedere le politiche europee sull’immigrazione”. La data della “riunione straordinaria del gruppo di commissari per le azioni esterne, per discutere con il commissario alla Migrazione Avramopoulos una revisione delle nostre politiche” è ancora da confermare. E pur volendolo considerare un passo utile, non si può fare a meno di notare come ad ogni strage nel Mar Mediterraneo seguano dichiarazioni politiche, meeting e tavoli di lavoro: senza che nulla, effettivamente, cambi. Sono gli stessi mass media a parlare di “solito refrain”, come si legge sulla Gazzetta del Sud, di “ennesima promessa” e “rimpallo di responsabilità”, come scritto su l’Avvenire. Un rimpallo che non sembra destinato a cessare: all’indomani di questa ennesima ecatombe, Natasha Bertaud, portavoce del Commissario Avramopoulos, rivolgendo “un plauso alle autorità italiane per aver salvato vite ieri e anche in passato”, ha tenuto a precisare che “Triton non solleva gli Stati membri dalla responsabilità di controllare le frontiere esterne dell’Ue sul mare e vuole sostenere lo sforzo italiano, non sostituirlo. E Triton – ha aggiunto – non sostituisce il programma che era in funzione prima, Mare Nostrum”. Secondo Bertaud, “se vogliamo parlare seriamente di migliorare la situazione, allora dobbiamo anche parlare di adeguati finanziamenti. Un budget di soli 90 milioni di euro l’anno (la cifra destinata a Frontex, agenzia che coordina triton) di certo non è all’altezza del compito di proteggere le frontiere comuni europee”. Un passaggio finale decisamente chiaro: ancora una volta, non si pensa alla protezione delle persone, ma dei confini.
Fuori dai palazzi della politica, sono invece in tanti a chiedere che vengano ripristinate operazioni di Search and Rescue come quelle messe in campo da Mare Nostrum, i cui mezzi si spingevano fino a 170 miglia dalle coste italiane, ben oltre le 30 miglia coperte da Triton. Operazioni che comunque, va sottolineato, devono essere considerate azioni tampone, in assenza di una politica attenta allo scenario internazionale e conseguentemente volta all’accoglienza e alla protezione, piuttosto che a ostacolare gli arrivi, costringendo le persone a usare mezzi di fortuna e ad affidarsi proprio a quei trafficanti che l’Unione Europa continua a sostenere di voler contrastare.