Fa un po’ come Trump: il ministro dell’Interno italiano minaccia, se l’Onu fa cose che non ci piacciono, tagliamo i fondi. Al leader della Lega non è piaciuta la missiva inviata dall’Alto commissario per i diritti umani e firmata da diversi suoi esperti che condanna le politiche italiane in materia di salvataggio in mare, accesso al diritto di asilo, la stigmatizzazione dei richiedenti asilo e delle Ong, la chiusura dei porti. E anche i contenuti del cosiddetto Decreto sicurezza bis, non ancora approvato dal consiglio dei ministri.
Sdegnato per la missiva dell’Onu al governo italiano nelle persone dell’ambasciatore al Palazzo di Vetro come tramite per il titolare della Farnesina Moavero, Matteo Salvini ha scritto a sua volta al premier Conte. Un testo duro che contiene una proposta/minaccia: tagliamo il contributo italiano alle Nazioni Unite.
La missiva Onu (qui la traduzione di Avvenire) è puntuale e segnala in maniera rigorosa e con riferimenti alle leggi internazionali, il perché delle proprie critiche. Si parla della criminalizzazione della Mare Jonio, della impossibilità di riportare le persone soccorse in Libia per non metterle a rischio di violenze a abusi.
Le critiche relative al Decreto sicurezza sono naturalmente circoscritte al tema in oggetto: la lettera Onu esprime preoccupazione per l’idea di punire chi effettua salvataggi in mare. E segnala come le navi civili abbiano smesso di salvare vite umane perché scoraggiate dalla risposta dei governi europei (e dalla ventilata chiusura dei porti italiana).
Nella lettera a Conte (qui il testo, ancora da Avvenire) , il ministro accusa l’Onu di intervenire su un tema delicato a pochi giorni dal voto (la lettera è del 15 maggio) e di criticare un Decreto di cui si conoscono i contenuti ma che non è ancora passato al Consiglio dei ministri. Salvini critica anche la “scorrettezza procedurale” di aver reso nota la lettera ai media prima di consegnarla. Questa è una critica potenzialmente giusta. Se non venisse dal comunicatore in diretta sui social per eccellenza.
Salvini parla di “evidente ingerenza nell’attività politica e normativa originata da preconcette impostazioni ideologiche e dalla vicinanza a posizioni care ad ambienti insofferenti nei confronti del nuovo corso impresso alle politiche migratorie”. In conclusione, il ministro chiede una dura presa di posizione nei confronti dei rapporteurs all’Alto commissario che firmano la lettera e la ricognizione del contributo italiano all’Onu per “riconsiderare l’apporto nazionale in termini di risorse”.
Ora, il problema è uno solo e non riguarda le questioni di forma: la data della missiva o la trasmissione alla stampa. Il tema sono le leggi e le convenzioni internazionali a cui l’Italia aderisce. Su queste si appuntano le critiche dell’Onu e scrivere, come fa il ministro, che in Libia l’Italia è impegnata per migliorare la situazione, non cambia le cose. I migranti in Libia sono a rischio della vita, di violenze, stupri, ricatti. Abbiamo sentito i racconti, visto le cicatrici e anche le immagini. Oggi, con il vuoto di potere e la guerra tornata a impazzare, è probabilmente peggio di alcuni mesi fa.
Ciò detto, la lettera del ministro è fondamentalmente un richiamo all’ordine per la maggioranza. Caro premier, la politica dell’immigrazione in Italia è quella che stiamo facendo e il governo deve sostenerla compatto. Se la lettera Onu risale ai giorni precedenti le elezioni, infatti, quella del vincitore delle consultazioni europee e diretta al rappresentante degli sconfitti delle stesse consultazioni, arriva dopo il voto.