Sabato 21 marzo, si disputa una partita del campionato di calcio di terza Categoria, fra la Vigor Paravati di Vibo Valentia e il Koa Bosco di Rosarno. La partita viene sospesa dall’arbitro al 30′ della ripresa per una violenta rissa scoppiata in campo fra i giocatori. I tifosi locali scavalcano le recinzioni ed entrano sul terreno di gioco, partecipano alla rissa, e minacciano con frasi del tipo “vi aspettiamo fuori e se non andate subito via vi ammazziamo”. Immediato l’intervento dei carabinieri presenti per il servizio d’ordine, che riescono con difficoltà a riportare la calma. Tuttavia, il direttore di gara ritiene totalmente assenti le condizioni per portare al termine la partita. E fin qui potrebbe sembrare “normale” cronaca calcistica, anche se la violenza in campo, e fuori, non dovrebbe mai ricadere nella “routine”, ma essere sistematicamente condannata e punita, ad ogni livello, come fatto gravissimo e inaccettabile.
Ironia della sorte si gioca il 21 marzo, giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione “razziale”, e il Koa Bosco è la sola squadra di calcio calabrese formata esclusivamente di migranti (per la maggior parte neri), che, nella vita di ogni giorno, lavorano nei campi come braccianti. E invece, accade che, durante la partita, dalle tribune partono numerosi cori razzisti e lanci di oggetti in campo. E, fatto ancor più grave, i tifosi della Vigor Paravati attendono i giocatori del Koa Bosco all’uscita dello stadio, intonando nuovamente cori razzisti nei loro confronti e insultandoli pesantemente: “Africani di merda!”, gridano più volte, “Tornatevene nel vostro paese!”, “Dovevate affondare sul barcone!”, e cosi via. La scena viene filmata con un telefonino da uno dei giocatori del Koa Bosco, dall’interno del piccolo bus che li conduce, scortati dai carabinieri, fuori dallo stadio verso Rosarno, e poi diffusa in rete (http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/03/25/africani-di-merda-giocatori-migranti-del-rosarno-filmano-cori-razzisti-succede-sempre/353252/).
E ancora, per ironia della sorte, la squadra del Koa Bosco è nata dopo la rivolta dei braccianti immigrati di Rosarno del 2010 proprio per promuovere il dialogo fra italiani e migranti. Ma la squadra avversaria di Vibo non vuole saperne del dialogo e respinge le accuse di razzismo. Anzi, al contrario, ritiene di aver solo subito, sostenendo che siano stati gli immigrati ad aver provocato.
Forza Nuova Vibo, dal canto suo, coglie l’occasione per commentare l’accaduto con un comunicato stampa, stravolgendo completamente la lettura dei fatti e fomentando ancora di più odio e pregiudizi: “Vorremmo rendere pubblico un fatto molto grave accaduto sabato scorso 21 marzo a Paravati, in provincia di Vibo su un campo sportivo dove si stava disputando una partita di calcio del campionato di terza categoria calabrese tra la Vigor Paravati e la società Koa Bosco squadra formata tutta da atleti extracomunitari di colore (!!). In questa località un tranquillo pomeriggio di sport si è invece trasformato in un’arena da combattimento con tanto di rissa da saloon iniziata e portata avanti dai calciatori africani inizialmente verso quelli della Vigor Paravati e poi all’indirizzo del pubblico presente nelle tribune. Episodi veramente tristi e deplorevoli in cui le stesse forze dell’ordine presenti hanno faticato non poco per placare la violenza di questi atleti immigrati letteralmente imbufaliti che anche con gesti molto eloquenti hanno finito col provocare l’intero stadio cittadino (…). In altre città della Calabria come Crotone, il fenomeno immigrazione purtroppo viene gestito malissimo e con una certa superficialità e tutto ciò può sfociare in un pericoloso conflitto sociale e noi ci auguriamo che questo non accada nella nostra città e nella nostra provincia, da sempre meta turistica di migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. In ragione di questo chiediamo che vengano avviate delle indagini circa il comportamento dei calciatori del Koa, accertarsi che dietro quegli inspiegabili atti di violenza, non sia celata nessun’altra causa di natura sociale”.
Don Meduri, accompagnatore della squadra, medita il ritiro della squadra: “In Calabria non ci sono le condizioni minime per portare avanti quest’iniziativa. C’è il rischio di lasciarci la pelle”. Perché in questo caso, più che mai, si tratta di una questione di “pelle”. Attendiamo, e siamo fiduciosi, che la giustizia sportiva prenda una posizione ferma e punisca in modo esemplare i protagonisti di questa deplorevole vicenda. Altrimenti, sarebbe l’ennesima sconfitta per il calcio e lo sport italiano tout court.