“Nessuno mette la vita del proprio bambino in pericolo a meno che non stia scappando da un pericolo ancora più grande”. E’ Viola, ad aprire l’incontro promosso ieri dalla rete RomAccoglie con i candidati Sindaci della capitale, coordinato da Cinzia Gubbini. O meglio con quelli che si sono presentati all’appello: Stefano Fassina e Roberto Giachetti. Tema dell’incontro, molto partecipato da parte di attivisti, operatori e membri del sindacato: il futuro del sistema di accoglienza nella città che un anno e mezzo fa è stata sconvolta da Mafia Capitale. Viola è una volontaria del centro Baobab di Roma, “un’esperienza di accoglienza dal basso, un esempio di come la cittadinanza si organizza per far fronte a un’emergenza umanitaria e sostituisca l’inefficienza (per non dire la totale assenza) delle istituzioni, incapaci di affrontare un problema umanitario“.
Dal Baobab sono passate lo scorso anno più di 13mila persone. E ciò è successo perché quei migranti definiti transitanti, perché non intendono rimanere in Italia e attraversano le nostre città solo per dirigersi altrove, lì hanno trovato quell’accoglienza che non hanno potuto trovare altrimenti.
Baobab ha fatto parte del percorso che ha coinvolto diverse realtà romane (Action, Adif, ALA; Arci Roma, Asgi, Casa dei diritti sociali, CGIL Roma e Lazio, LasciateCIEntrare, Lunaria, Resistenze meticce, Senzaconfine) in una riflessione collettiva sulle criticità del sistema di accoglienza della capitale e sulle possibili linee guida che dovrebbero ispirare un modello di accoglienza e di inclusione sociale dei richiedenti asilo e dei rifugiati capace di assolvere al proprio compito: quello di promuovere progressivamente l’autonomia delle persone ospitate, favorendone l’inserimento sociale e lavorativo nella società di residenza. Un percorso durato due mesi che ha portato alla presentazione di un documento rivolto a chi si candida a governare la capitale per i prossimi cinque anni.
Modello di accoglienza, sistema di affidamento e di gestione dei servizi, garanzia dei diritti delle persone ospitate e degli operatori che lavorano nelle strutture, composizione e funzionamento delle commissioni territoriali che valutano le domande di asilo: questi i temi approfonditi nel documento sia sul piano dell’analisi critica di ciò che non va, che su quello delle proposte alternative.
Trasversali alcuni principi di riferimento su cui si fondano le singole proposte: la richiesta di trasparenza, una regia pubblica efficace del funzionamento del sistema, l’opzione per la microaccoglienza (contrapposta alle attuali preponderanti grandi strutture), l’espulsione dalla gestione dei servizi di tutti quei soggetti che sono stati coinvolti nelle indagini di Mafia capitale e la promozione di una partecipazione che sia capace di includere nella vita sociale, culturale, politica ed economica della città tutti coloro che la abitano.
La buona accoglienza è diffusa sul territorio. Su questo i due invitati si sono trovati d’accordo. I fatti di TorSapienza non sono lontani e ricordano molto bene i problemi che può generare un’accoglienza concentrata in grandi strutture, nelle periferie dell’area Sud-est della capitale, non concordata con il territorio che la ospita e incapace di andare oltre la garanzia di un alloggio e di un pasto. Ma, ha ricordato Fassina, “la cultura dell’accoglienza presuppone la capacità di accorciare le distanze“. E le disuguaglianze economiche e sociali in questa città sono molte e profonde.
Il patrimonio pubblico non utilizzato potrebbe fornire, se valorizzato, basi solide ad una Roma accogliente. L’applicazione della delibera 140 da parte del Commissario Tronca e le comunicazioni di sfratto di questi giorni (Ararat, Casa dei diritti sociali, Palestra popolare di San Lorenzo solo per fare alcuni esempi) non potevano certo essere rimosse dal dibattito. E qui le posizioni sono risultate più sfumate. Chiara la volontà di riscrivere la delibera 140 da parte di Fassina e di prevedere un uso sociale del patrimonio pubblico, “questione però che non può essere affrontata seriamente senza un piano di ristrutturazione del debito del Comune”. Una rinegoziazione del debito con Cassa Depositi e Prestiti consentirebbe secondo lui di avere 150 milioni in più ogni anno sul bilancio del Comune.
Giachetti è d’accordo, ma ritiene prioritario spendere meglio le risorse che già ci sono; promette di inserire nel suo programma un piano di individuazione delle risorse pubbliche che possano essere destinate al sociale e l’avvio di attività di manutenzione delle opere esistenti, finalizzate a creare dei centri polivalenti nei diversi municipi.
Infine il tema della trasparenza: “principio fondativo” per Fassina, “principio che deve essere applicato a priori prima che le cose succedano” secondo Giachetti. Entrambi concordano con l’esigenza di rivedere profondamente il sistema di affidamento dei servizi, definendo regole più chiare per la gestione e la tutela dei diritti degli operatori nonché clausole di recesso in caso di inadempimento di quanto previsto nelle convenzioni.
Dal pubblico due interventi sollecitano l’istituzione di un centro interculturale (se ne parla perlomeno dagli anni ’90), “Roma è l’unica capitale europea a non averne uno” e la garanzia della libertà di culto per i circa 100mila cittadini di religione musulmana residenti. “La risposta è necessaria perchè il cambiamento della nostra città è strutturale” risponde Fassina. Giachetti concorda.
Al di là degli impegni presi ieri dai due candidati l’iniziativa di ieri è significativa per il metodo adottato da chi l’ha promossa: su iniziativa della CGIL Roma e Lazio (che va ringraziata) si è privilegiato il lavoro di rete tra soggetti anche molto diversi tra loro per fare massa critica e tentare di porre al centro della campagna elettorale il tema della costruzione di città accoglienti e capaci di rispondere ai bisogni sociali, economici e culturali di tutti coloro che le abitano. Il risultato è stato un programma di lavoro articolato in proposte specifiche ed è su questo che i candidati sono stati invitati a confrontarsi. Un piccolo esempio di partecipazione organizzata e di come società e politica potrebbero interagire mantenendo ben distinti i propri ruoli.