Il 16 novembre scorso, con sentenza numero 6050, il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi presentati da Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Interno, Dipartimento della Protezione Civile e Uffici Territoriali del Governo di Milano, Roma e Napoli contro la sentenza del Tar del Lazio dell’1 luglio 2009 che aveva dichiarato l’illegittimità delle ordinanze emesse dal Presidente del Consiglio il 30 maggio 2008 nella parte in cui prevedevano l’identificazione di tutte le persone residenti nei campi “nomadi”, minori compresi e di alcuni dei regolamenti adottati successivamente da parte dei Prefetti di Roma e Milano nel ruolo a loro affidato di “commissari delegati per il superamento dell’emergenza rom”.
Con la stessa sentenza il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso incidentale presentato dall’ERRC (European Roma Right Center) e da due cittadini rom residenti a Roma, riconoscendo l’illegittimità del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 maggio 2008 con il quale era stato dichiarato “lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi” in Campania, Lazio e Lombardia.
I ricorrenti, si legge nella sentenza, avevano contestato il Decreto sotto due profili fondamentali:
“- perché adottato in assoluta carenza di presupposti di fatto idonei a legittimare una declaratoria di emergenza ai sensi dell’art. 5 della legge nr. 225 del 1992;
– perché in realtà unicamente dettato da intenti di discriminazione etnica e/o razziale nei confronti della comunità Rom, incompatibili con i principi costituzionali, comunitari e internazionali in subiecta materia che segnano un limite anche all’esercizio dei poteri di protezione civile ai sensi dell’art. 5 testé citato.”
Il Consiglio di Stato, accogliendo la prima delle argomentazioni proposte dai ricorrenti, rileva che:
“non si evincono precisi dati fattuali che autorizzino ad affermare l’esistenza di un “rapporto eziologico” (per usare la terminologia del primo giudice) fra l’insistenza sul territorio di insediamenti nomadi e una straordinaria ed eccezionale turbativa dell’ordine e della sicurezza pubblica nelle aree interessate.
Innanzi tutto la circostanza che nel decreto si faccia cenno, prima di ogni altra premessa, a “possibili gravi ripercussioni in termini di ordine pubblico e sicurezza delle popolazioni sociali” rende non priva di argomenti l’opinione di chi, come gli appellanti incidentali, reputi che la affermata situazione di “allarme sociale”, più che già esistente ed acclarata, sia soprattutto paventata pro futuro quale conseguenza dell’espandersi e dello stabilizzarsi delle comunità nomadi.
In secondo luogo, il riferimento a “gravi episodi che mettono in pericolo l’ordine e la sicurezza pubblica” non risulta supportato da una seria e puntuale analisi dell’incidenza sui territori del fenomeno considerato (quale sarebbe, in ipotesi, uno studio che documentasse l’oggettivo incremento di determinate tipologie di reati nelle zone interessate dagli insediamenti nomadi), ma soltanto dal richiamo di specifici e isolati episodi i quali, per quanto eclatanti e all’epoca non privi di risonanza sociale e mediatica, non possono dirsi ex se idonei a dimostrare l’asserita eccezionalità e straordinarietà della situazione.”
Per quanto riguarda nello specifico la città di Roma, nel febbraio 2009, il prefetto-commissario Giuseppe Pecoraro aveva firmato il Regolamento per la gestione dei villaggi attrezzati per le comunità nomadi nella regione Lazio, e in data 31 luglio 2009, in veste di “commissario straordinario per l’emergenza nomadi” aveva presentato insieme al Comune di Roma, il cosiddetto “Piano Nomadi”. Il Consiglio di Stato ha confermato nello specifico l’illegittimità delle procedure di identificazione e censimento svolte dalle autorità romane all’interno dei campi formali e informali della capitale; della norma che istituisce il presidio di vigilanza all’interno dei sette “villaggi attrezzati” presenti a Roma; dell’obbligo per i rom di sottoscrivere una dichiarazione di impegno al rispetto delle norme interne di disciplina per risiedere all’interno dei sette “villaggi attrezzati”; dell’uso del DAST, la tessera che consente di accedere e risiedere nei “villaggi attrezzati”, e che finora è stata consegnata a molti dei rom in essi presenti.
Come chiarito dalla sentenza, l’illegittimità dello stato di emergenza comporta, come conseguenza, l’annullamento delle ordinanze di nomina dei commissari straordinari per l’emergenza e di tutti i successivi atti commissariali, in quanto adottati in carenza di potere.
Per una lettura tecnica della sentenza rinviamo al parere dell’Asgi: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1907&l=it
Scarica il testo della sentenza: consiglio_stato_sent_6050_2011.pdf