Questa volta lo hanno chiamato “Misure urgenti di solidarietà alimentare”. Si tratta di un nuovo Buono spesa da 400 milioni da distribuire ai comuni “entro 7 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, cioè entro il 30 novembre 2020”. Peccato però che nelle note di indirizzo dell’Anci non si precisa quando i comuni dovranno a loro volta assegnare tali misure “urgenti” e come. Anzi, nel decreto-legge 154 (Ristori ter) si precisa che saranno i comuni a decidere a chi e come ma anche quando il bonus arriverà sulle tavole dei sempre più numerosi che ne fanno richiesta. Si sa solo che non verranno assegnati soldi ma ticket da spendere in determinati negozi, che il tetto massimo sarà di 500 euro e che il criterio sarà dare la precedenza a chi fino ad oggi non ha percepito nulla (secondo l’aurea regola della coperta troppo stretta e della vocazione al damasanvincenzismo).
Così, mentre le associazioni che sostengono i rom sono ingorgate di telefonate, l’ufficio rom del comune di Roma fino a ieri rispondeva (quando si decide a rispondere) che, per il momento, non si sapeva nulla anche se il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 23 novembre ma varato dai ministri oltre un mese fa.
Fin qui la “normale” improvvisazione alla quale siamo abituati, anzi rassegnati.
Dal 7 ottobre, però, c’è una buona notizia ed è la adozione, da parte della Commissione europea, di un piano decennale a sostegno delle popolazioni rom, sinti e caminanti.
Si tratta della seconda fase della Strategia di inclusione che venne varata in Europa sei anni fa in via “sperimentale” e che ora e per i prossimi dieci anni dovrà entrare a regime. A ben guardare, sperimentale è stato quasi solo l’atteggiamento di molti paesi, tra cui in prima fila il nostro, che non ha attuato praticamente nulla delle linee guida del 2014. Ora la Commissione europea ci riprova, tracciando quelli che, a suo dire, sono i chiari e gli scuri del primo bilancio. Scrive che i rom costituiscono la più numerosa minoranza etnica in Europa: dei 10-12 milioni che ci vivono, circa 6 milioni sono cittadini o residenti dell’Ue e che, se il precedente documento si concentrava principalmente sull’integrazione socioeconomica, ora, l’Europa punta a “un approccio globale” fondato su tre pilastri: l’inclusione socioeconomica, l’uguaglianza e la partecipazione. “Tutti i rom – si legge nel documento della Commissione – dovrebbero avere l’opportunità di sfruttare pienamente le loro potenzialità e di impegnarsi nella vita politica, sociale, economica e culturale.
Ma l’integrazione socioeconomica non c’è stata anzi, ad esempio nel nostro paese c’è stata una maggiore e devastante esclusione: ricordiamo le cosiddette “rivolte” nei quartieri dove erano state assegnate case popolari a famiglie rom. Ricordiamo il cosiddetto “Piano” del comune di Roma che ha deciso di chiudere i campi senza sostanzialmente proporre alternative credibili, come testimonia lo sgombero di Camping River, sulla via Tiberina a Roma di quasi due anni fa, che, in assenza di soluzioni abitative alternative, ha obbligato le famiglie che ci abitavano da oltre vent’anni a dormire per mesi in macchina o a costruirsi baracche di cartone. L’elenco potrebbe proseguire.
Ma torniamo all’ambizioso progetto dell’Europa che ha consegnato le nuove linee guida ai singoli paesi Ue. Per l’Italia il pallino è ora in mano all’Unar, l’Ufficio nazionale contro il razzismo e le discriminazioni della Presidenza del consiglio che, per sua stessa ammissione, ha fallito la prima fase “sperimentale”. Un paio di settimane fa ha prodotto una prima bozza della nuova “Strategia all’italiana” che esordisce così: “Il Piano europeo decennale scaturisce dall’esperienza dei precedenti dieci anni di interventi per la lotta all’esclusione socio-economica delle comunità RSC nei diversi Paesi europei e dalla constatazione dei limitati successi delle Strategie nazionali RSC adottate finora. Per questo motivo, il nuovo impegno avviato a livello europeo si incentra su sette settori chiave di intervento: uguaglianza, inclusione, partecipazione, istruzione, occupazione, sanità e problematiche abitative.”
Al momento non vale la pena aggiungere altro se non due brevissime note a margine.
La prima: parlare di “limitati successi” di fronte al quadro di deprivazione, miseria e razzismo è francamente a dir poco farisaico.
La seconda è che nella Strategia messa a punto dall’Italia la volta precedente si parlava di “soluzioni abitative e accesso alla casa”. Ora, nella bozza dell’Unar per i prossimi dieci anni, quel titolo è diventato “problematiche abitative”, più realistico ma anche più desolante.
Anna Pizzo