La procura di Torino ha rinviato a giudizio sette persone individuate come responsabili dell’incendio dell’insediamento rom presente nella Cascina Continassa, nell’estrema periferia nord-ovest di Torino.
I fatti risalgono al dicembre del 2011, quando una ragazza di sedici anni aveva denunciato di essere stata violentata da due cittadini rom mentre tornava verso casa, nel quartiere delle Vallette.
Una notizia smentita la sera stessa: non si era consumata, fortunatamente, alcuna violenza. Ma ormai la macchina dell’odio era stata già messa in moto, con il ruolo preponderante giocato dai media locali e nazionali: le indagini erano ancora in corso, ma la notizia veniva data come certa, accompagnata dalla descrizione della presunta violenza. I quotidiani cercavano – e trovavano – sensazionalismo e drammatizzazione, attraverso l’uso di aggettivi forti, dichiarazioni rilasciate dalle persone coinvolte – tra cui i parenti delle giovane – e presentando fatti ancora incerti come evidenze. Lo sbilanciamento dei quotidiani verso un forte sensazionalismo, colpevole di soffocare l’informazione corretta, fu talmente forte che La Stampa si scusò per un titolo che lo stesso caporedattore della cronaca di Torino Guido Tiberga definì “razzista”. Il titolo in questione era “Mette in fuga i due rom che violentano la sorella. Vittima una sedicenne: caccia agli aggressori”. “Un titolo che non lasciava spazio ad altre possibilità, né sui fatti né soprattutto sulla provenienza etnica degli «stupratori». Probabilmente non avremmo mai scritto: mette in fuga due «torinesi», due «astigiani», due «romani», due «finlandesi». Ma sui «rom» siamo scivolati in un titolo razzista. Senza volerlo, certo, ma pur sempre razzista. Un titolo di cui oggi, a verità emersa, vogliamo chiedere scusa. Ai nostri lettori e soprattutto a noi stessi”, scriveva Tiberga, il cui esempio non fu seguito, purtroppo, da nessun altro quotidiano.
I risultati di questo sbandierato allarmismo e della costruzione anche mediatica di un diffuso odio nei confronti dei rom non si fecero attendere, e furono tragici: i residenti del quartiere organizzarono una fiaccolata, da cui si staccarono una cinquantina di persone che, incappucciate, fecero irruzione nel “campo”, incendiando e distruggendo roulotte e strutture, lanciando bombe carta e facendo scappare gli abitanti, i cui beni si persero completamente nel rogo.
Ora, a distanza di tre anni, è ancora in corso il processo per questo gravissimo episodio. Tre delle sette persone rinviate a giudizio dovranno rispondere di istigazione all’odio per aver incitato i dimostranti con frasi del tipo “bruciamoli tutti”.