Da oggi i titolari di protezione sussidiaria avranno gli stessi diritti dei rifugiati. Ad esempio, il permesso di soggiorno avrà una validità di 5 anni, e non più di 3, e ci saranno facilitazioni particolari per i ricongiungimenti familiari e per il riconoscimento delle qualifiche professionali e dei titoli conseguiti all’estero.
La novità arriva grazie al decreto legislativo del 21 febbraio 2014 n. 18, con cui il governo italiano ha recepito la direttiva 2011/95/UE “su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta”.
Una direttiva importante, il cui recepimento italiano risulta estremamente tardivo, visto che la scadenza entro la quale avrebbe dovuto farlo era il 20 maggio 2013. A causa di questo ritardo sono stati numerosi i problemi riscontrati dagli interessati: in base agli accordi europei – sottoscritti dall’Italia – circa il principio del self executive, la direttiva europea è operativa dallo scorso maggio, ma senza un recepimento formale e nazionale l’applicazione era lasciata alla discrezionalità dei funzionari delle questure.
Il decreto n.18 dovrebbe finalmente garantire omogeneità nelle pratiche, andando a modificare gli articoli 9 e 9 bis del Testo Unico Immigrazione.
Un “importante passo in avanti” secondo il Cir, che però lamenta ancora la presenza di problemi e mancanze. Secondo il Consiglio italiano dei rifugiati infatti il decreto “non va ad intaccare l’aspetto di maggiore criticità che caratterizza il sistema di asilo italiano: l’integrazione dei beneficiari di protezione internazionale”, quello che il direttore del Cir Christopher Hein chiama “l’abbandono sociale di tanti rifugiati”. La situazione messa in luce dal Cir, e più volte denunciata da molte associazioni, è quella di “migliaia di stranieri, che una volta riconosciuto lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria si trovano in una situazione di totale abbandono e di forte marginalità, in quanto non avendo più diritto all’accoglienza e privi di mezzi di sussistenza, sono costretti a dormire per strada o in alloggi di fortuna”, come sottolineato da Hein.
Il decreto, inoltre, pur tenendo “conto delle esigenze di integrazione dei beneficiari di protezione internazionale”, non predispone alcun fondo ad hoc né tantomeno un trasferimento di risorse – che ad esempio potrebbe essere messo in pratica usando i fondi utilizzati nelle politiche di respingimento e spostandoli a favore di necessarie e urgenti misure di inserimento, come suggerito da Lunaria nel dossier I diritti non sono un costo.