“Chi nasce o cresce in Italia è italiano/a”: questo il messaggio portato in piazza ieri dal movimento ‘Italiani senza cittadinanza’, durante il flash mob organizzato a Roma, nei pressi del Senato.
Nel lungo percorso verso la riforma della legge sulla cittadinanza, la protesta di ieri segna il primo appuntamento di un mese particolarmente intenso: ogni martedì un presidio, animato dalle varie realtà della campagna ‘L’Italia sono anch’io’ e dal movimento degli ‘Italiani senza cittadinanza’ occuperà piazza del Pantheon a Roma, fino al 28 febbraio, giorno in cui è prevista una manifestazione di rilevanza nazionale.
Sono circa un milione i cittadini stranieri residenti in Italia che aspettano ancora il riconoscimento del diritto fondamentale alla cittadinanza. Dal 13 ottobre 2015, quando la Camera approvò il Ddl sulla riforma, il testo giace al Senato in attesa che ne venga calendarizzata la discussione. Perchè la riforma non viene approvata? Lo abbiamo chiesto a Sonia Lima Morais, attivista della campagna L’Italia sono anch’io: “I tempi sono più che maturi per questo passaggio” spiega Lima Morais, nata in Italia ma ciononostante “extracomunitaria per 19 anni”. Anni di impedimenti e file per rinnovare il permesso di soggiorno, fino a quando ha ottenuto la cittadinanza italiana. Per la quale però ha dovuto rinunciare a quella capoverdiana, che aveva dalla nascita. “Sgomento e imbarazzo per l’assurdità dell’iter burocratico” sono le reazioni che Lima Morais incontra quando espone la sua storia.
Nonostante le promesse di vari esponenti politici la riforma è ancora in attesa: “Ci si sente dire che c’è sempre qualcosa di più importante: é umiliante. Approvare la riforma significa riconoscere i cittadini stranieri innanzitutto come esseri umani, e poi come parte integrante della società, come lavoratori”.
Nei fatti gli stranieri che vivono in Italia lavorano, contribuiscono al welfare e, proprio in quanto parte della società, sono toccati da tutte quelle decisioni politiche che, giorno dopo giorno, vengono anteposte al loro diritto di rappresentanza, alla possibilità di esprimere la propria opinione, di prendere parte al processo decisionale.
“Noi abbiamo le idee chiare su quello che vogliamo, ma non possiamo decidere il futuro del nostro paese perché non possiamo votare, quel pezzo di carta ci differenzia dai cittadini nativi”, così Youness Warhou, un giovane cittadino marocchino del movimento Italiani senza cittadinanza. Wahrou vive a Reggio Emilia da otto anni, studia all’università ed è attivo come consigliere in una fondazione comunale. In attesa che gli vengano riconosciuti i propri diritti, Wahrou rinnova il permesso di soggiorno, non può partecipare come i suoi colleghi di studi a programmi di mobilità, non può candidarsi per un posto nella giunta comunale della comunità dove già è attivo, non può partecipare ad alcun concorso pubblico. Questi sono solo alcuni degli impedimenti reali che Wahrou e gli altri italiani senza cittadinanza affrontano quotidianamente.
In risposta, la politica ha riservato loro solo promesse disattese e parole piene di speranza: “Non dobbiamo mollare. Il Parlamento ha tutto il tempo per approvare questa legge, non vedo impedimenti”, così Graziano Delrio all’agenzia Redattore Sociale, attualmente Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e già portavoce della campagna L’Italia sono anch’io. La speranza è certamente comune a Delrio come a tanti altri, italiani e non; non si può dire lo stesso però sulla percezione del tempo che passa, e sulle conseguenze che questa inerzia ha sulle vite concrete delle persone. La raccolta di firme per presentare il testo di riforma è cominciato nel 2011, il problema dell’accesso alla cittadinanza per i cittadini stranieri da molto prima, e ora il tempo sta per scadere: o il Senato calendarizza la discussione nelle prossime settimane oppure la riforma salterà e bisognerà ricominciare da capo il percorso nella successiva legislatura.
La volontà espressa da moltissime persone – più di 200.000 – con la propria firma è ad oggi calpestata. I diritti di circa un milione di persone sono violati.
Quanto ancora lo tollereremo?
Anna Dotti