La campagna ‘Sfrutta zero’ è strettamente legata al progetto per l’autoproduzione di salsa di pomodoro Netzanet, che in tigrino significa libertà. Un progetto nato nella primavera scorsa, che ha voluto legare la riappropriazione e il riuso immobiliare a scopo abitativo da parte di alcuni rifugiati politici che vivono nell’ex liceo Socrate di Bari con l’esigenza di avviare un’attività lavorativa insieme a giovani precari e studenti.
Riciclo, lotta allo sfruttamento lavorativo dei migranti, creazione di una filiera produttiva etica. Diversi obiettivi che abbiamo cercato di perseguire congiuntamente.
Riciclo delle bottiglie per riempire la salsa con l’etichetta ‘sfrutta zero’. Per noi però in questi anni di politiche di austerity e di tagli al welfare, riciclo significa anche riappropriarsi di spazi in stato di abbandono, come risposta ad uno stato sempre più generalizzato di impoverimento ed espropriazione dei propri diritti, tra cui quello all’accoglienza e alla casa. Oggi, a quasi cinque anni dall’occupazione dell’ex-liceo Socrate, avvenuta da parte di un centinaio di migranti nel dicembre del 2009, gli abitanti hanno ottenuto dal Comune di Bari grazie ad un Protocollo di intesa il riconoscimento a vivere nell’ex-liceo e ad avviare un “progetto di autorecupero” affinché si possa rendere questa struttura sempre più un’abitazione durevole. Infatti quasi 30 aule sono state parzialmente recuperate e rese il più funzionali possibile alle esigenze di vita quotidiana. Le stanze sono arredate con mobilio ed elettrodomestici, appunto riciclati e riutilizzati.
Ma col passare del tempo abbiamo pensato anche ad altro, a come avviare un’attività lavorativa che potesse rovesciare l’immagine di una piaga sociale di cui la Puglia è tristemente famosa: lo sfruttamento dei braccianti agricoli migranti, che sotto il controllo della Grande distribuzione organizzata (GDO) e attraverso l’utilizzo dei famosi caporali, per poche decine di euro al giorno lavorano alla raccolta del pomodoro. Ecco perché abbiamo pensato alla trasformazione del cosiddetto oro rosso.
Oltre alla fase di trasformazione, si è voluto riprodurre un’intera filiera produttiva fuori dalle logiche di profitto e del mercato concorrenziale: dalla raccolta della materia prima alla distribuzione del prodotto finito. Infatti la scelta dei contadini da cui abbiamo acquistato i pomodori non è stata casuale e racchiude l’idea di fondo del nostro progetto: una parte è stata reperita in terra barese, da un giovane laureato in Lettere che finito gli studi si è trovato in una situazione di precarietà lavorativa ed ha deciso di coltivare la terra di alcuni suoi parenti (continuando, nello stesso tempo, a studiare per partecipare a concorsi ecc.); il resto da Abdul, un giovane migrante che alcuni anni fa si ribellò al caporale ed ora coltiva un suo piccolo appezzamento di terra in Basilicata.
Infatti in testa alla cima del progetto c’è l’esigenza di rivoltare la narrazione tossica che ormai passa dalle voci dei media, dei governi e di gran parte della politica istituzionale: quella di utilizzare i migranti come capri espiatori del disagio sociale che vive gran parte della popolazione in Italia. Piuttosto che mettere gli uni contro gli altri si tratta invece di mettere insieme soggettività che subiscono gli effetti di questa crisi economica. Per noi la lotta contro lo sfruttamento e l’avvio di pratiche di economia solidale tra lavoratori, a prescindere dalla loro provenienza, può servire anche come deterrente verso le crescenti pulsioni razziste e xenofobe che si stanno verificando in questi ultimi tempi. Negli anni i migranti, a causa di leggi come la Bossi-Fini o il trattato di Dublino, sono sempre più sotto ricatto, non hanno accesso alla libertà di circolazione ed a diritti basilari come la casa, la sanità, ad un lavoro dignitoso e, quindi, alla libertà. Ma ormai queste condizioni sempre più si stanno diffondendo verso studenti, giovani e non solo, a causa delle politiche antisociali di questi governi, a suon di tagli all’istruzione e di istituzionalizzazione della precarietà del lavoro: il Jobs Act renziano ne è la conferma più lampante. Il nostro messaggio va contro una guerra tra poveri che giova solo a chi si arricchisce sulle nostre vite per fare sempre più profitti.
Da qui anche il nome del progetto ‘Netzanet’ a sfruttamento zero e la costituzione dell’associazione Solidaria composta da circa venti persone tra migranti e giovani italiani.
Per rendere concreto il progetto abbiamo scelto come canale di finanziamento il crowdfunding utilizzando la piattaforma web produzionidalbasso.org. Abbiamo escluso le banche perché rimangono all’interno del circuito del mercato fondato sui profitti, i suoi tassi di interesse sono insostenibili e pensiamo che oggi l’attività produttiva si debba condividere con i consumatori, ma anche con chi ti finanzia. Infatti il crowdfunding, una sorta di raccolta fondi dal basso e popolare (si potevano versare anche 5euro) è una modalità di raccolta fondi che ha permesso anche ai finanziatori di conoscere il progetto nei suoi dettagli. Alcuni di loro ci hanno anche dato una mano come volontari durante le giornate di produzione della salsa ed hanno deciso anche di assaggiarla.
Dopo la fase di raccolta fondi e trasformazione della salsa ci siamo dedicati alla conservazione e distribuzione, prettamente autogestita. La si può ritirare all’interno dei GAS a cui siamo legati e durante alcune fiere locali delle autoproduzioni. Dopo la chiusura estiva, gli stessi studenti che fanno parte di Solidaria all’interno di un’aula autogestita nell’università di Bari hanno creato uno spazio espositivo e di distribuzione di varie autoproduzioni, tra cui le conserve di salsa.
Col passare del tempo siamo riusciti a farla arrivare anche a Roma presso lo spazio di mutuo soccorso Communia, a Milano allo spazio sociale Ri-Make. Nei prossimi sarà nel circuito di SoS Rosarno con il quale stiamo avviando un percorso di mutualismo delle autoproduzioni contadine. L’abbiamo condivisa all’interno della rete di Genuino Clandestino e con molti collettivi e comitati antirazzisti qui in Puglia e dintorni: da Nardò a Barletta, da Boreano a Campi Salentina; realtà con le quali la prossima stagione vorremmo avviare una collaborazione per la produzione della salsa ‘sfrutta zero’ per promuovere sul territorio un’economia dei lavoratori fondata sulla cooperazione e la solidarietà, sul rispetto dell’ambiente e per praticare la cosiddetta sovranità alimentare. Infatti grazie a questa esperienza abbiamo intrecciato e conosciuto realtà europee ed internazionali che da anni lottano per tutto ciò: dalla via campesina al movimento Sem Terra in Brasile, grazie ad una relazione diretta che abbiamo con un’altra esperienza di recupero e autoproduzioni, la Ri-Maflow fabbrica autogestita in provincia di Milano.
Infine la salsa la si potrà trovare anche nel ‘Cesto di Solidaria. Infatti per Natale abbiamo pensato di realizzare e distribuire un cesto di prodotti alimentari e non, della terra di Bari per incentivare il lavoro spesso poco conosciuto di alcuni piccoli produttori che, con tanti sforzi, realizzano autoproduzioni realmente genuine e a filiera corta. Iniziative come questa vanno verso la direzione di un rafforzamento della rete distributiva solidale. Obiettivo ambizioso è quello di costruire un circuito alternativo dove poter acquistare i prodotti anche on-line pronto ad ospitate la salsa Netzanet che sarà prodotta in maggiori quantità il prossimo agosto. Parallelamente in questi mesi vorremmo diversificare le forme di autofinanziamento. In primis la vendita della salsa in giro per la Puglia e le sottoscrizioni sia individuali che di realtà collettive, vorremmo anche però provare a partecipare a bandi o instaurare partenariati con altri progetti che condividano il nostro approccio. Rendere strutturali ed efficaci le attività di trasformazione e distribuzione è una grande scommessa che vorremmo vincere senza perdere lo spirito originario che ha animato tante persone e che rappresenta la vera forza di questo progetto.
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