Tutti i cittadini stranieri che transitano dall’Italia dovranno essere identificati, nessuno escluso: sarebbe questo, in sintesi, il messaggio contenuto nella circolare interna diramata a prefetti e questure dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Viminale, di cui da notizia il quotidiano l’Avvenire.
La circolare servirebbe a placare le polemiche sul mancato rispetto del Regolamento Dublino: secondo il regolamento, un migrante che vuole chiedere protezione internazionale deve inoltrare domanda nel primo paese di ingresso. Quest’ultimo dovrebbe, quindi, identificare tutte le persone al loro arrivo. Una procedura su cui si sono accese numerose polemiche dopo quanto dichiarato il mese scorso dal ministro degli Interni bavarese Joachim Herrmann:”È un fatto che l’Italia di proposito in molti casi non prende i dati personali e le impronte digitali, così che i migranti possono chiedere asilo in un altro Paese e non essere rinviati in Italia”, affermava Herrmann, in aperta polemica con l’omologo italiano Angelino Alfano.
“Il problema non è la mancata volontà dell’Italia a prendere le impronte dei polpastrelli: sono i profughi specialmente siriani ed eritrei che si rifiutano di lasciare tracce del loro passaggio perché vogliono raggiungere per esempio la Germania, l’Olanda o la Francia dove possono contare sul sostegno di amici o parenti”, spiegava allora il direttore del Cir Christopher Hein, sottolineando l’impossibilità “di obbligare con la forza all’identificazione, a meno che non intervenga l’autorizzazione di un giudice”.
La realtà è che, di fronte al desiderio delle persone di autodeterminare il proprio futuro, sarebbe necessario modificare il Regolamento: una posizione che il direttore del Cir condivide con Nils Muiznieks, Commissario per i Diritti umani del Consiglio d’Europa, e ribadita in diverse occasioni dalle associazioni che si occupano della garanzia dei diritti dei migranti. “Penso che quella di Dublino 2 sia una politica ingiusta ed un peso insostenibile per alcuni Stati membri, come l’Italia, la Grecia, Malta”, dichiarava nel febbraio 2013 Muiznieks. Parole a cui ha fatto eco Hein nella risposta alla polemica di Hermann: “Il regolamento di Dublino è paradossale per i richiedenti asilo e per i Paesi europei”.
La posizione assunta ora dall’Italia, e dall’Europa, sembra invece andare nella direzione opposta: “Alcuni Stati membri lamentano con crescente insistenza il mancato fotosegnalamento di numerosi migranti che, dopo esser giunti in Italia, proseguono il viaggio verso i Paesi del Nord Europa – si leggerebbe nella circolare visionata da L’Avvenire – Ciò determina la necessità d’affrontare la situazione emergenziale con rinnovata cura nelle attività d’identificazione e fotosegnalamento dei migranti”. Attività rese difficili dal “rilevante numero di gruppi soccorsi”: per superare le difficoltà, il documento dispone che “lo straniero deve essere sempre sottoposto a rilievi foto dattiloscopici e segnaletici [..] prescindendo dalla puntuale identificazione sulla base dell’esibizione del documento di viaggio, se posseduto” o anche “dall’inesistenza di motivi di dubbio sulla dichiarata identità. Ciò tanto più se sussista il sospetto che abbia presentato domanda di asilo in qualche altro Paese Ue”.
“Ci siamo battuti per ottenere un corridoio umanitario che facilitasse il passaggio dei profughi e invece ci ritroviamo un cambiamento nemmeno annunciato delle procedure di accoglienza: la situazione è grave e preoccupante e cambierà parecchio il nostro lavoro”, commenta don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità. Del resto, ad essere preoccupati sono tutti gli enti che si occupano di accoglienza e tutela dei diritti: “Le impronte saranno prese a tutti. Ciò vuol dire che avremo più persone da accogliere nei prossimi mesi. Questo aggraverà una situazione già al collasso”, spiega Filippo Miraglia, vicepresidente Arci, all’agenzia stampa Redattore sociale.
Le misure contenute nella circolare interna, infatti, rischiano da una parte di mettere in crisi un sistema di accoglienza già inadeguato, e dall’altra di impedire alle persone di raggiungere paesi maggiormente organizzati su questo fronte e, soprattutto, i propri familiari: sono infatti moltissimi i richiedenti asilo, in particolare eritrei e siriani, che vorrebbero ricongiungersi ai parenti già residenti nei paesi del Nord Europa.
La soluzione, naturalmente, non può essere la violazione di regole che l’Italia, è bene sottolinearlo, ha approvato insieme agli altri paesi membri dell’Unione Europea: piuttosto, “il governo si adoperi per far rivedere la normativa in sede europea a fronte dello sforzo che sta sostenendo l’Italia, ormai porta d’accesso europea dal Mediterraneo”, afferma il direttore della Fondazione Migrantes, monsignor Giancarlo Perego. Nel frattempo, l’Italia si dovrebbe dotare “di un piano nazionale asilo come gli altri partner europei, che accolgono fino a cinque volte più di noi” ricorda monsignor Perego.
C’è poi un altro aspetto che preoccupa le associazioni: cosa succederà se una persona si opporrà all’identificazione? “Si usa la forza anche se è un richiedente asilo?” chiede Christopher Hein. Stando a quanto riportato dall’Avvenire, sì. “Il rifiuto di farsi fotosegnalare costituisce reato. In ogni caso, la polizia procederà all’acquisizione delle foto e delle impronte digitali anche con l’uso della forza se necessario”: sarebbe scritto su un volantino redatto in cinque lingue diverse – visionato, come la circolare interna, dal quotidiano – che dovrebbe essere distribuito a ogni migrante giunto sul suolo italiano.