L’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri – ha ricevuto diverse segnalazioni, provenienti da tutta Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Toscana, Abruzzo, ecc…), in merito all’esistenza di alcuni criteri discriminatori presenti nei Regolamenti comunali adottati in materia di accesso all’edilizia residenziale pubblica. In particolare, questi Regolamenti, nell’individuare la categoria dei beneficiari per l’assegnazione degli alloggi, sembrerebbero non rispettare la normativa nazionale in materia di parità di trattamento, soprattutto nei confronti di alcune categorie di persone che versano in stato di bisogno.
Così, il 16 febbraio, Triantafillos Loukarelis, direttore dell’UNAR, ha indirizzato una lettera al Presidente dell’ANCI, Antonio Decaro. In allegato a questa lettera, l’UNAR ha inviato anche delle Linee guida, perchè “possano fungere da concreto ausilio per i Comuni che gestiscono l’assegnazione degli alloggi ERP in favore di migliaia di famiglie, al fine di evitare un eventuale contenzioso in materia di violazione delle norme antidiscriminatorie”.
Nello specifico, le Linee guida si soffermano su due criteri ritenuti discriminatori: quello della “residenzialità storica” (che assegna un punteggio aggiuntivo in favore di persone che vivono da più anni in un territorio) e quello della “impossidenza di un altro alloggio” (che richiede di provare di non possedere un immobile di proprietà in nessun Paese del mondo, con il conseguente onere di produrre della documentazione aggiuntiva per i cittadini stranieri).
L’UNAR richiama la recente sentenza della Corte Costituzionale (n. 44/2020 del 9/03/2020) proprio in materia di “diritto alla casa”, affermando che la richiesta del requisito di una residenza anche “quinquennale” per i cittadini stranieri è illegittima, oltre che discriminatoria (richiamando tanto la normativa europea in materia, art. 11 direttiva 2003/109, che quella italiana, art. 43, comma 2 lettera c, del T.U. Immigrazione e l’art. 40 comma 4 D.lgs 286/98). Questo requisito, infatti, non ha alcun nesso con la funzione dell’intervento pubblico in questione, che è quella di soddisfare l’esigenza abitativa di chi si trova in una situazione di effettivo bisogno. La Corte ha perciò ritenuto che la norma impugnata va a violare i “principi di uguaglianza e di ragionevolezza”, in quanto fonte di una discriminazione irragionevole in danno di chi, cittadino o straniero, non è in possesso del requisito richiesto. Ma la norma impugnata contrasta anche con il principio di uguaglianza sostanziale, perché il requisito temporale richiesto contraddice la funzione sociale dell’edilizia residenziale pubblica.
Riguardo all’onere di documentazione aggiuntiva, l’UNAR precisa che è in contrasto con il diritto alla parità di trattamento dello straniero “nei rapporti con la pubblica amministrazione”, sancito dall’art.2, comma 5, TU Immigrazione. In molti casi, lo straniero non può ottenere la documentazione richiesta per l’assenza di una autorità competente che possa rilasciarla; in altri casi, la può ottenere solo a costi impossibili da affrontare per una famiglia a basso reddito (queste argomentazioni sono state accolte dal Tribunale di Milano che ha accolto due ricorsi promossi da ASGI: Tribunale di Milano, ordinanza 20 marzo 2020, e Tribunale di Milano, 27.7.2020).
L’auspicio dell’UNAR (e anche il nostro!) è che queste Linee guida possano essere correttamente recepite da tutti i Comuni italiani e che possano effettivamente indirizzare proprio quei Comuni che, in modo errato e discriminatorio, hanno deciso di restringere e limitare la platea dei beneficiari degli alloggi cosiddetti “popolari” proprio prevedendo questi requisiti aggiuntivi. Il supporto delle note giuridiche contenute in queste Linee guida in materia di parità di trattamento, insieme alla recente giurisprudenza costituzionale in materia (da ultimo, ma non contenuta nelle Linee guida, anche la sentenza della Corte Costituzionale, n. 9/2021, in tema di edilizia residenziale pubblica, norme della Regione Abruzzo, requisiti per l’accesso), dovrebbero indurre a una rimozione tempestiva di ogni forma di discriminazione.