Il 28 marzo scorso è stata approvata la legge di conversione del decreto legge n. 4/19 (vedi qui) che istituisce il “reddito di cittadinanza”. Nel testo della legge è previsto che, per poterne fare richiesta, i cittadini di Paesi non comunitari: siano titolari di un Permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, abbiano maturato almeno 10 anni di residenza in Italia, producano, oltre all’ISEE, una documentazione supplementare rispetto ai cittadini italiani, prodotta dalle autorità presenti nel rispettivo Paese di origine, debitamente tradotta e legalizzata, comprovante la composizione del nucleo familiare e la propria condizione economica.
Siamo davanti all’ennesima disparità di trattamento. Si tratta di una vera e propria discriminazione istituzionale tra cittadini italiani ed europei e cittadini dei c.d. Paesi terzi, volta a limitare l’accesso al reddito di cittadinanza a quest’ultimi, spesso appartenenti a quei gruppi a basso reddito che ne dovrebbero maggiormente beneficiare. C’è da dire che il più delle volte i cittadini stranieri si trovano in queste condizioni proprio perché discriminati, a causa della propria nazionalità, per ciò che riguarda il tipo di impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
La questione non è nuova.
Ricordate il “caso Lodi”? Nei mesi scorsi si è molto parlato del del regolamento comunale di Lodi, che aveva finito per dividere i bambini tra chi, potendo permettersi il servizio, aveva accesso alla mensa scolastica, e quanti erano costretti a mangiare in luogo separato il pranzo preparato a casa. Questo perché i genitori non erano riusciti a produrre un certificato che attestasse l’assenza di redditi e beni immobili in tutto il territorio nazionale del Paese di provenienza, e ad accedere così alle agevolazioni finanziarie previste. Il 13 dicembre la Prima Sezione del Tribunale di Milano ha condannato il Comune di Lodi per comportamento discriminatorio, ordinando la modifica del regolamento (vedi qui o qui).
A fine marzo lo stesso Tribunale di Milano (vedi qui) aveva definito discriminatoria una delibera simile del Comune di Vigevano (in provincia di Pavia), in vigore dal 2015, accogliendo le richieste sollevate da alcune associazioni locali e nazionali, tra cui ASGI e NAGA. I giudici avevano così ancora una volta ordinato al sindaco del Comune di Vigevano di cessare il comportamento discriminatorio revocando o modificando la delibera di Giunta comunale. Da evidenziare che il Comune di Vigevano richiedeva tali documenti non solo per accedere a prestazioni tipicamente erogate dai comuni, ma anche come requisito per poter accedere a prestazioni di carattere nazionale, per le quali è prevista una valutazione preventiva da parte dell’ente locale.
Nonostante le pronunce del Tribunale di Milano in entrambi i casi non si è potuto porre rimedio alle richieste rigettate prima della pubblicazione delle rispettive sentenze, proprio perché mancavano questi documenti.
Ebbene, le stesse previsioni applicate a Lodi e poi a Vigevano (casi giunti agli onori della cronaca ma non i soli), sono state previste tal quali anche per l’accesso al c.d. reddito di cittadinanza. Nel testo della nuova legge (n. 26/2019), così come modificata dall’emendamento presentato da Luigi Augussori, ex Presidente del Consiglio Comunale di Lodi, (vedi qui) e poi approvata del Senato il 27, si prevede che i cittadini di Paesi non comunitari producano, oltre all’ISEE, una documentazione attestante la condizione economica nel paese di provenienza, rilasciata dalla competente autorità dello stato estero, tradotta e legalizzata. La legge risparmia coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato o comunque coloro ai quali risulta oggettivamente impossibile acquisire tali certificazioni. Ma la discrezione nel valutare tale difficoltà è sempre nelle mani delle autorità competenti, che la interpretano il più delle volte in maniera fortemente restrittiva. ASGI aveva invitato i parlamentari ad intervenire immediatamente affinché “l’emendamento Lodi” venisse rigettato, eppure questo non è avvenuto.
Cosa sta succedendo al momento? Il risultato (o dovremmo dire l’obiettivo) scontato è stato quello di scoraggiare i cittadini stranieri dal richiedere il reddito di cittadinanza. In altri casi sono state previste delle rettifiche. Ancora una volta il Comune di Lodi, per agevolare la procedura di richiesta del reddito di cittadinanza ai cittadini stranieri, ha concesso che la documentazione supplementare richiesta provenisse non necessariamente dall’Autorità competente del Paese di origine, ma anche dal consolato in Italia. Tuttavia non pochi consolati si sono detti indisponibili ad accogliere tale richiesta e hanno rimandato la competenza alle autorità presenti sul territorio del Paese di origine, prevedendo quindi che lo straniero, residente in Italia, si rechi nel proprio Paese per fare richiesta di tali documenti (vedi qui).