Salire sull’autobus per andare al lavoro, a scuola, a casa o magari per incontrarsi con gli amici. Lo fa tutti i giorni chi non cede alla tentazione di usare il proprio mezzo privato o chi semplicemente questo mezzo non ce l’ha. Dovrebbe essere un fatto normale e privo di insidie. Non è stato così a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca, per tre cittadini bengalesi di 25, 34 e 41 anni e un uomo indiano di 32. Nella prima metà di marzo, insieme a loro, è salito sull’autobus il razzismo nella sua forma peggiore, quella che unisce agli insulti velenosi la violenza pura. Ne abbiamo avuto notizia solo ieri quando, a seguito della denuncia dell’ultimo episodio, i Carabinieri hanno identificato i responsabili, tre giovani, tutti minori (due di 16 anni, uno di 17), studenti e residenti nel quartiere.
Le indagini sono partite a seguito della denuncia fatta dall’uomo bengalese di 41 anni che è stato aggredito il 13 marzo su un autobus della linea 056: dopo essere stato insultato con frasi razziste è stato picchiato violentemente e ha subito la rottura del setto nasale. La prognosi è di 20 giorni. Le telecamere presenti sull’autobus hanno ripreso tutto e grazie al video i Carabinieri hanno individuato i responsabili, autori di altre tre aggressioni nei giorni precedenti, tutte compiute seguendo lo stesso copione: insulti, pugni e calci ai danni della vittima prescelta su un mezzo pubblico. In un caso l’aggressione razzista è stata accompagnata da un tentativo di rapina.
La Procura presso il Tribunale per i Minorenni, ha richiesto e ottenuto la misura cautelare. Per due di loro è stata emessa un’ordinanza applicativa del collocamento in comunità, il terzo aggressore è stato invece denunciato a piede libero. L’accusa è di tentata rapina in concorso e lesioni aggravate dalla discriminazione “razziale”.
Questi sono i fatti e parlano da soli. Vale però la pena aggiungere tre brevi considerazioni.
La prima riguarda gli aggressori: che hanno agito in gruppo e sono tutti minori. Non sono purtroppo un caso isolato, come abbiamo avuto modo di documentare nel corso del tempo. Nel solo 2018 17 delle 25 aggressioni razziste compiute in gruppo in diverse città italiane su cui abbiamo raccolto informazioni (vedi qui), sono state perpetrate da gruppi di giovani e in alcuni casi hanno coinvolto minori.
La seconda riguarda le modalità molto simili in tutti e 4 i casi emersi: si sale sull’autobus, si sceglie la vittima, si offende con insulti discriminatori e poi si passa alle violenza fisica. L’insulto serve a “targare” la violenza e a non lasciare dubbi sul movente esplicitandolo: è la modalità con la quale si compie la “rivendicazione” razzista dell’aggressione. E ci viene un dubbio: se i protagonisti delle violenze di questi giorni nelle cronache diventano la “banda del bus”, non c’è il rischio di trasformarli in “personaggi” da film e di favorirne l’emulazione?
Terzo: il tentativo di rapina ricorso in una delle aggressioni denunciate ci ricorda che spesso la violenza razzista accompagna reati comuni (di solito furti e rapine). Roma non è nuova a questo tipo di connubio. Nel dicembre 2013, ad esempio, due giovani furono arrestati con l’accusa di aver compiuto una cinquantina di furti e aggressioni nei confronti di cittadini bengalesi nei quartieri Torpignattara, Prenestino, Casilino e Pigneto, “scelti” perché considerati più refrattari a sporgere denuncia. Nei casi di cui parliamo il movente razzista è stato contestato perché palese. Ma quanti sono i reati comuni compiuti con un movente razzista non altrettanto esplicito di cui non sappiamo? Impossibile saperlo.