Il razzismo ci rende più sicuri. Ormai è una certezza.
I nostri problemi non sono causati da un modello di sviluppo onnivoro e profondamente diseguale, da una classe politica che è sempre più prona agli interessi dei più forti e da un sistema di comunicazione che, assetato di scoop e di copie, trasforma in “bombe” persino i temporali e in “emergenze” patologie almeno pluridecennali o singole morti causate da malattie rare. No, il nostro problema sono i migranti, gli immigrati, i rom, i richiedenti asilo e anche i loro figli nati qui, che migranti non sono mai stati.
Non abbiamo un lavoro, una casa, un reddito sufficiente o una pensione decente? Non possiamo permetterci di curarci? Non possiamo mandare i nostri figli agli asili nido o all’università? Abbiamo subito un furto? Paghiamo troppe tasse? Siamo vittime di violenze inenarrabili? Siamo il bersaglio degli attacchi jihadisti?
I responsabili sono sempre e unicamente loro: gli estranei per definizione, il capro espiatorio pronto per tutte le occasioni.
Dunque la soluzione è semplice: espelliamo tutti coloro che possiamo espellere, impediamo che ne arrivino altri, releghiamo nell’invisibilità e nella precarietà permanente quelli che proprio dobbiamo far rimanere nel belpaese. Ma facciamogliela pagare: a suon di propaganda xenofoba e razzista, delle peggiori; a suon di manganellate e idranti nelle piazze; a suon di offese e botte a sorpresa in strada, meglio se riprese con lo smartphone, che va tanto di moda.
Facciamogliela pagare. Non solo “a loro”, ma ai “loro protettori”: impediamo alle Ong di salvarli in mare; costruiamo barricate e emaniamo ordinanze di divieto di accesso a chi osa proporre di accoglierli; usiamo la rete per insultare chiunque si schieri dalla parte dei diritti umani. Facciamogliela pagare, risuscitando la propaganda fascista di antica memoria e, già che ci siamo, l’apologia del fascismo che, tanto, non ci ferma nessuno.
Davvero qualcuno pensa di poter vivere meglio grazie agli editti sul decoro e sulla sicurezza, agli accordi vergognosi con la Libia, il Niger, il Ciad, Il Sudan e l’”europea” Turchia e alla violenza razzista per strada e di ottenere in questo modo un lavoro, un reddito e una casa decenti, un servizio sanitario e un’assistenza pubbliche efficienti?
C’è davvero qualcuno che si sente più sicuro se migliaia di persone (vere e in carne e ossa) restano intrappolate in paesi dove rischiano violenze e persecuzioni di ogni genere o anche solo la povertà?
E le donne e gli uomini che augurano stupri contro altre donne, dopo i loro insulti si sentono meglio?
Chi è catturato oggi dalla demagogia ingannevole quanto ignobile di chi cavalca il nostro disagio, le nostre frustrazioni e il nostro rancore, sarà ben presto disilluso. Scoprirà che il razzismo non colpisce solo gli “estranei”, ma noi insieme a loro, e che sta cercando le responsabilità dei suoi mali guardando dalla parte sbagliata.
Il razzismo non ci rende più sicuri né ci offre su un piatto d’argento una qualità della vita migliore. Sarebbe utile tornare a ripeterlo ovunque: nelle scuole, nelle università e nei luoghi di lavoro, usando tutti i diversi linguaggi necessari e possibili. Questo strabismo collettivo induce molti a competere con i propri pari o a sopraffare i più deboli.
Servirebbe invece concentrare lo sguardo su chi ha davvero il potere di migliorare le nostre vite e non lo fa. Prima che diventi troppo tardi.
Grazia Naletto