“Questi abusi di potere, questi atteggiamenti razzisti, non si possono più tollerare nel 2017”: ce lo scrive una nostra lettrice, Gaia, dopo aver assistito all’ennesima scena di razzismo e sopraffazione.
Roma, stazione Termini, ore 21: un ragazzo nero, di circa sedici anni, salta il tornello e corre verso la metro. “Poi dicono che uno li brucia vivi”, è il commento di un dipendente Atac – Azienda trasporti del Comune di Roma. Gaia si arrabbia per la frase razzista. “Un ragazzo non ha il biglietto? Deve essere soltanto multato come tutti i cittadini [..] nessuno ha il diritto di mortificarlo, offendendolo nella sua dignità. Invece – ci scrive la lettrice – ascolto dai membri dell’Atac frasi di matrice razzista, da lager, e anche quando i ragazzi immigrati hanno il regolare biglietto, trovano quasi sempre il cavillo per offenderli e mortificarli”. Gaia si rivolge al dipendente Atac, ma come conseguenza ottiene solo insulti. Peraltro, di natura sessista. Mentre si avvia, “il tizio ha continuato la sua pessima performance, facendomi da fuori un gesto volgarissimo. E queste sarebbero le persone che in una stazione centrale dovrebbero vigilare e tutelarci”.
La vicenda raccontata da Gaia è una storia come molte altre: a tanti di noi può essere capitato di assistere a una scena del genere. Ma è di fronte a questa ‘normalità’ che dobbiamo soffermarci e riflettere. In questa storia, da una parte c’è un giovane ragazzo che non paga un biglietto dei mezzi; dall’altra c’è un dipendente pubblico che non fa il suo lavoro, ma si prende la libertà di lanciare a voce alta un’offesa molto grave; e poi c’è una persona che, contro gli abusi di potere – che frequentemente assumono i toni del razzismo e del sessismo – non abbassa la testa. Grazie a Gaia, che ci ricorda come in ogni momento sia nostro compito decidere da che parte stare.