Nella giornata di ieri, davvero molto critica dal punto di vista delle segnalazioni che ci sono pervenute riguardanti casi di razzismo e di discriminazione, due episodi hanno particolarmente attirato la nostra attenzione. Tanto per il “peso” del linguaggio adottato, quanto anche per lo choc dinnanzi a dei fatti che oggi, nel 2019, non dovrebbero proprio accadere.
A Bolzano, il servizio di neuropsichiatria della Asl locale, nei giorni scorsi, ha recapitato agli insegnanti di una scuola media un modulo per delineare il profilo di alcuni ragazzi (la cosiddetta Child Behavior Checklist Cbcl, strumento di valutazione nel processo diagnostico per i piccoli pazienti con disagio neuropsichiatrico, ndr). Bene, uno dei campi del modulo chiedeva di specificare “Gruppo etnico o razza dell’alunno”. Il caso è stato sollevato dalle stesse insegnanti di una scuola media che si sono rivolte al quotidiano locale Alto Adige.
Immediato il tam tam mediatico che ha attirato anche l’attenzione di alcuni esponenti politici, come l’on. Alessia Rotta, vicepresidente vicaria dei deputati del Partito Democratico, che ha presentato una interrogazione alla ministra della Sanità, Grillo.
Come è possibile che in un questionario di una Azienda Sanitaria Locale destinato alle scuole sia presente la domanda relativa alla “razza” degli alunni? Risulta sconvolgente e persino surreale che un ufficio pubblico possa usare, oggi, una simile terminologia. E’ ben evidente che una qualunque indagine volta a valutare il comportamento dell’alunno non può e non deve fare riferimento alla “razza”. Ciò non solo non è in linea con la nostra Costituzione, ma non ha nulla a che fare con la definizione del carattere o del comportamento dell’alunno. Come dire: tracciamo un “profilo” degli alunni in base alla loro “provenienza”, “razzizzando” i comportamenti.
Alcuni esponenti di destra tendono a minimizzare attribuendo l’uso del termine ad una questione di “purezza linguistica”. “A furia di praticare gli esami di purezza linguistica ed etnica nelle scuole di lingua tedesca dell’Alto Adige, a qualcuno non deve essere sembrato strano chiedere anche la razza del ragazzo – commenta il consigliere provinciale Alessandro Urzì (Alto Adige nel cuore Fdi) -. Attenti ai cattivi esempi che vengono dagli esami di purezza linguistica in Alto Adige. Confido nell’errore e nella banale benché grave disattenzione”.
Anche la stampa ha teso a ridimensionare la gravità dell’episodio presentandolo come una “gaffe”, facendo eco alle giustificazioni pervenute dalla Asl locale, secondo la quale il termine “razza” è stato utilizzato “per un errore di traduzione dal testo originale che è in lingua inglese (e che usa il termine “race”, ndr) e che è stato standardizzato a livello mondiale”. L’Azienda sanitaria dell’Alto Adige ha chiesto scusa, rassicurando che questo “errore” di traduzione verrà corretto il prima possibile.
Tuttavia le scuse della Direzione Generale e Sanitaria dell’ASL di Bolzano, suonano un po’ di comodo e sminuiscono con eccessiva leggerezza l’accaduto.
“Capiamo tutto – dicono gli insegnanti al giornale -, capiamo che si tratti di moduli standard redatti negli Stati Uniti, dove la legge prevede che si chieda anche quale sia la razza. Ma quello che non afferriamo è come mai nessuno al Comprensorio sanitario di Bolzano se ne sia accorto e si sia fatto una domanda. Evidentemente trovano normale che si domandi ad uno studente a quale ‘razza’ appartiene”.
Una seconda Asl nella bufera è quella di Piacenza. Non è passato, infatti, inosservato il commento con cui Silvia Pantano, ex medico dell’Azienda Usl di Piacenza ed ex direttrice di distretto dell’Ausl di Piacenza, riferendosi ai migranti trasferiti dal Cara di Castelnuovo di Porto ha scritto: “Il bestiame non viaggia sui pullman superlusso…”. Parole, oltretutto, pronunciate nel Giorno della Memoria. Silvia Pantano aveva commentato un post di Enrico Mentana e, in particolare, la notizia dell’adozione da parte della redazione del quotidiano online Open, da lui fondato, di uno di questi migranti, il calciatore Anszou Cissé, 19 anni. Il commento è stato poi rimosso, ma in rete si può ancora trovare lo screenshot della schermata. L’Ausl di Piacenza ha chiesto ai legali di valutare le azioni da intraprendere. Per l’assessore alla Salute “un commento che offende profondamente tutti noi e che non deve essere associato al sistema sanitario e a chi vi lavora”. L’Ausl chiarisce: “Pantano non è più direttore di distretto da oltre 10 anni e ha cessato la propria attività nel 2011″. E dai social c’è chi ne chiede la radiazione dall’Ordine dei Medici.
Il problema è che bisognerebbe escludere dai social tutti coloro i quali usano quotidianamente un linguaggio carico di pregiudizi discriminatori e di odio razzista. E nella maggior parte dei casi, non lo fanno “per errore”, ma consapevolmente, scegliendo di stare da quella parte di umanità “disumana”.