Il 18 marzo la Commissione contro il razzismo del Consiglio d’Europa (ECRI), ha pubblicato il suo rapporto annuale 2020. Sono quattro le sfide chiave che l’Europa ha dovuto affrontare durante lo scorso anno. Ovvero: mitigare l’impatto sproporzionato della pandemia da Covid-19 sui gruppi vulnerabili, far fronte al razzismo profondamente radicato nella vita pubblica, combattere il razzismo anti-musulmano e anti-semita, e proteggere i diritti umani delle persone LGBTI.
Le conclusioni dell’ECRI sulle tendenze nei campi d’azione coperti dal suo mandato si basano normalmente sui risultati del monitoraggio condotto durante le visite nei vari paesi. Tuttavia, a causa delle restrizioni dovute al Covid-19, le osservazioni dell’ECRI sulle tendenze del 2020, questa volta, si basano più del solito sulle ricerche documentarie, su informazioni raccolte durante incontri ed eventi online, ma anche sulle osservazioni scritte da (possibili) vittime e testimoni di razzismo, così come sui contributi dei vari membri dell’ECRI.
Il rapporto fa rilevare innanzitutto come la pandemia da Covid-19 sia una delle poche crisi (forse l’unica) dopo la seconda guerra mondiale, ad aver avuto un impatto globale, e come questa emergenza di salute pubblica sia arrivata a mettere in ombra alcune tendenze ritenute “scontate”, e ad esaltarne delle altre del tutto nuove (ovvero tutti gli atti razzisti e xenofobi strettamente legati a questa pandemia, ma anche le discriminazioni, l’esclusione sociale, la negazione dell’accesso a beni e servizi di base, le restrizioni alla libertà di movimento e la retorica intollerante di alcuni personaggi pubblici). Gruppi e individui hanno anche “utilizzato” la pandemia per diffondere “teorie cospirative” sull’origine del virus. Questo ha portato alla diffusione di discorsi di odio antisemiti (nei quali gli ebrei in generale sono stati additati come i fautori della diffusione del Covid-19) o contro persone di origine asiatica o percepite come tali (soprattutto nelle prime fasi della pandemia).
Tra tutti i gruppi più colpiti dalla pandemia, la situazione dei rom è quella che si è deteriorata di più, sostiene l’ECRI. Sono stati spesso confinati in quartieri sovraffollati con accesso limitato ai servizi pubblici, dove è stato quasi impossibile mantenere la distanza fisica e una buona igiene.
Secondo la Commissione, le persone appartenenti a minoranze etniche o religiose sono state generalmente esposte a maggior rischio di contrarre il virus a causa di una serie di fattori di precarietà e debolezza, fra i quali anche quello di dover vivere in ambienti sovraffollati, dove le regole della distanza fisica sono difficili da mantenere.
Inoltre, la crisi economica dovuta alle misure di contenimento Covid-19 ha portato alla perdita immediata di molti lavori informali e precari, cosa che, a sua volta ha condotto alla mancanza di assistenza sanitaria nelle comunità vulnerabili, in particolare tra i rom, i migranti e le persone LGBTI.
La crisi da Covid-19 ha esacerbato le disuguaglianze strutturali di fondo in particolare in relazione all’accesso all’istruzione, all’occupazione, all’alloggio e alla salute.
I migranti e i richiedenti asilo hanno avuto grandi difficoltà ad accedere ai diritti e ai servizi di base durante la pandemia. Secondo l’ECRI, ad alcuni migranti arrivati in Europa di recente o privi di documenti è stato negato l’accesso all’assistenza sanitaria essenziale perché non iscritti all’assistenza sanitaria stessa del paese ospitante o perché senza documenti.
Inoltre, i lavoratori stagionali impiegati in agricoltura hanno dovuto lavorare in condizioni igieniche inadeguate e sono stati alloggiati in strutture sovraffollate, che li hanno esposti a particolare rischio di contrarre il coronavirus.
Il rapporto dedica un focus anche ai controlli della polizia per far rispettare le misure di contenimento. Essi sono stati ritenuti dall’ECRI sproporzionati e concentrati sugli alloggi sociali in periferia, dove risiedono molti immigrati, o persone con background migratorio, e le multe imposte loro ne hanno aumentato le difficoltà economiche. Dati ed eventi recenti hanno anche mostrato la misura in cui il “racial profiling” e la violenza razzista della polizia continuano a colpire i gruppi coperti dal mandato dell’ECRI e come la pandemia da Covid-19 abbia peggiorato le cose, aumentando le preoccupazioni dell’Europa su quello che viene definito razzismo istituzionale. L’ECRI raccomanda lo svolgimento di indagini efficaci da parte di organismi pienamente indipendenti sugli abusi compiuti da parte delle forze di polizia. Oltre a fornire un supporto immediato alle vittime, tali indagini dovrebbero anche identificare in modo chiaro le pratiche di razzismo istituzionale adottate all’interno delle forze di polizia, per porvi fine.
Il rapporto dell’ECRI ricorda anche alcuni degli eventi antirazzisti più gravi che hanno caratterizzato l’anno 2020. La tragica morte di George Floyd, durante il suo arresto da parte della polizia a Minneapolis, ha ampliato la portata del movimento statunitense dei Black Lives Matter, che ha avuto un’eco anche in Europa. L’omicidio razzista del 25 maggio 2020 ha cambiato, secondo ECRI, il modo in cui il razzismo viene visto, dalle forze dell’ordine e da parte della società in generale, rendendo la morte di George Floyd il simbolo, sia negli Stati Uniti che in un certo numero di Stati membri del Consiglio d’Europa, di un razzismo pervasivo, radicato e incorporato nelle strutture sociali.