Un lenzuolo appeso a una grata, un lembo intorno al collo: è stato questo l’ultimo gesto di un ragazzo algerino di soli 25 anni, che si è suicidato lunedì scorso, 11 novembre, nel carcere delle Vallette di Torino.
Il ragazzo si trovava nel blocco B della struttura penitenziaria, corrispondente alla sezione ordinaria.
Il suicidio del giovane algerino è il “quarantatreesimo da inizio anno”, dichiara Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma della polizia. Una situazione che riflette la drammaticità della situazione delle carceri italiane, più volte denunciata dall’associazione Antigone.
“In tutte le strutture penitenziarie ci sono periodi in cui sembra crescere il disagio e la tensione, e altri in cui si vive in un relativo equilibrio – dichiara Giovanni Torrente, membro della sezione piemontese di Antigone – Va sottolineato però che la media, la normalità delle carceri, corrisponde a una situazione drammatica, fatta di sovraffollamento, isolamento, mancanza di servizi. Il fenomeno dei suicidi e dell’autolesionismo – prosegue Torrente – è tragicamente costante”.
Come ci dice Torrente, “solo nel 2006 abbiamo assistito a un’unica eccezione, con un calo di questi atti dovuto all’introduzione dell’indulto, ossia di un elemento di speranza: un elemento costantemente assente nelle carceri”.
La situazione delineata da Torrente viene confermata dai dati rilasciati dal segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) Donato Capece: “Nei 206 istituti penitenziari nel primo semestre del 2013 si sono registrati 3.287 atti di autolesionismo, 545 tentati suicidi, 1.880 colluttazioni e 468 ferimenti. Il sovraffollamento ha raggiunto livelli patologici, con oltre 65mila reclusi per una capienza di 40mila posti letto regolamentari. Il nostro organico è sotto di 7mila unità”.
Sulla popolazione detenuta immigrata pesa anche la presenza di “reti sociali estremamente fragili, se non del tutto assenti, e di difficoltà peculiari dovute alla carenza di servizi, come ad esempio le difficoltà linguistiche. Una situazione – afferma Torrente – che rende la popolazione detenuta immigrata più esposta all’autolesionismo, anche come estrema ratio per chiedere attenzione”.
Grande assente all’interno di questo dibattito è lo stato, che sembra non sentire le denunce che arrivano da più parti circa la condizione strutturale del sistema penitenziario.
Proprio giovedì prossimo Antigone ha in programma una visita all’interno del carcere torinese, durante la quale chiederà anche maggiori dettagli circa questa ennesimo, drammatico episodio.