Per “restare sicuri” e correre ai ripari dall’ “invasione” di migranti, quest’estate i sindaci ne stanno pensando davvero delle belle (ne parlavamo già qui, qualche giorno fa). E mentre in Europa si costruiscono muri veri, con tanto di filo spinato, c’è chi, in Italia, invece innalza muri virtuali, che tuttavia, spesso hanno una maggiore capacità performativa rispetto a quelli reali. E ai muri virtuali, si aggiungono i respingimenti. Non più quelli alla frontiera, ma nelle città, sulle spiagge, nelle strutture ricettive. Accompagnati dal solito valzer di cifre (ridicole e assurde) sventolate dai media, che provano un certo gusto a “dare i numeri”. Nella maggior parte dei casi, si parla di cifre irrisorie di migranti che giungono in città, ma che sono capaci di suscitare vere e proprie rivolte popolari (cavalcate all’occasione dalle destre).
Ecco che, fra i tanti, il sindaco di Alassio (Savona), Enzo Canepa, espressione di una lista civica di centrodestra, si rifiuta di accogliere 8 profughi in città. «Troppi migranti incontrollati e clandestini», dichiara. E noi ci chiediamo: ma davvero otto migranti sono “troppi” in una cittadina di circa undicimila abitanti? Quale disastrosa incidenza potrebbero avere? La notizia passa sotto silenzio.
Ma Canepa proprio non ci sta. E come molti sindaci di città turistiche e marine, questi “deturpatori del paesaggio” proprio non li vuole: «Alassio è una città turistica, fatta per accogliere turisti. È esasperante dover lottare, ogni giorno, contro le scelte di un governo centrale che consente l’arrivo quotidiano e incontrollato di numerosi extracomunitari, profughi, migranti, clandestini sul territorio … Se il governo vuole perseverare in questa deriva devastante per il territorio e per gli enti locali, allora chi di dovere si attrezzi per dare adeguata ospitalità ai clandestini nella propria abitazione». Ma, a quanto pare l’idea di accogliere i profughi non piace praticamente a nessuno, ed è quello che dicono numerosi sindaci. Basta scorrere anche velocemente i titoli sui quotidiani degli ultimi giorni, per capire che la “fronda” dei sindaci “non accoglienti” si sta allargando a macchia d’olio.
Oltre alla “sicurezza”, un altro “must” estivo di Canepa è quello del “restare a distanza” dai migranti, invocando una sorta di “asetticità” per combattere la paura del “contagio”. Ed è cosi che, il 2 luglio, firma un’ordinanza denominata “Tutela sanitaria. Art. 50 T.U.E.L. 267/2000”, che dispone “il divieto di insediarsi anche occasionalmente nel territorio comunale a persone prive di fissa dimora provenienti da Paesi dell’area africana, asiatica e sudamericana, se non in possesso di regolare certificato sanitario attestante la negatività da malattie infettive e trasmissibili”. Nell’ordinanza, si premette: “Già dal mese di giugno è esponenzialmente aumentata la presenza sul territorio comunale di cittadini stranieri provenienti da diversi Stati africani, asiatici e sudamericani (…) In detti Paesi, sia di origine sia di transito, in assenza di adeguate misure di profilassi, sono ancora presenti numerose malattie contagiose e infettive, quali ad esempio Tbc, scabbia, Hiv ed è tuttora in corso una gravissima epidemia di Ebola, come attestato dalla Oms”. E Canepa chiarisce: “Questa disposizione, che serve a tutelare la sicurezza e la salute dei nostri cittadini e dei nostri turisti, è divenuta necessaria come risposta alla situazione di emergenza e all’invasione incontrollata del territorio nazionale avvenuta negli ultimi mesi”. La polizia municipale potrà chiedere, quindi, d’ora in poi, di esibire non solo il passaporto e il permesso di soggiorno, ma anche il certificato sanitario. Chi non lo ha, potrà essere immediatamente allontanato e anche multato per non aver rispettato l’ordinanza del sindaco.
Ribattezzata in vari modi dai media, da “ordinanza anti-profughi” a “ordinanza anti-contagio”, questo provvedimento, che entra a pieno titolo fra quelli più creativi dell’estate, crea emuli in tutto il Ponente ligure: Casanova, Lerrone, Zuccarello, Ortovero, Vendone, Erli e Garlenda (tutti in provincia di Savona). Musa ispiratrice della geniale ordinanza, e di cotanti proseliti, è Sonia Viale, segretaria ligure della Lega Nord, e prossima vicepresidente della Giunta di centrodestra guidata da Giovanni Toti: “Ho lanciato l’invito ai sindaci liguri di seguire l’esempio del primo cittadino di Prelà, in provincia di Imperia, che qualche mese fa ha emesso un’ordinanza di ‘divieto di dimora, anche occasionale, di persone provenienti da paesi dall’area africana o asiatica se non in previo possesso di regolare certificato sanitario attestante la negatività da malattie infettive e trasmissibili’”. E giunge a sostegno anche l’iniziativa del segretario provinciale della Lega Nord, Paolo Ripamonti, che lancia una dedica via Facebook al sindaco di Alassio: «Io sono Enzo Canepa: basta!», recita la scritta blu su foglio bianco con cui l’esponente del Carroccio si è immortalato sul social network. E certo, le prime “soddisfazioni” non tardano ad arrivare: “La presenza di extracomunitari si è rarefatta, nelle strade della città e sulle spiagge dove”, dice Canepa, “gli ambulanti imperversavano, disturbando i bagnanti”.
Dopo una settimana, l’8 luglio, giunge (finalmente!) un’interrogazione parlamentare a risposta scritta al Ministro dell’Interno da parte del deputato di Sel, Stefano Quaranta, per chiedere se ritiene che sia un atto legittimo e rispettoso della nostra Costituzione, l’ordinanza emessa dal sindaco di Alassio. “E dal Viminale non è arrivata ancora nessuna contromisura – dichiara il deputato di Sel –. Con questa interrogazione rispondo anche all’appello di Arci e Avvocati di strada che qualche giorno fa invitavano a intraprendere iniziative pubbliche nei confronti del provvedimento del sindaco di Alassio” (clicca qui per leggere l’interrogazione). E nonostante l’indignazione generale nel dibattito pubblico, nei giorni scorsi anche il comune di Bordighera dice «no ai profughi sprovvisti di certificato medico». Il sindaco della cittadina, Giacomo Pallanca, contatta il collega di Alassio per avere copia dell’ordinanza e spiega: «Leggerò l’ordinanza e la discuterò con la mia maggioranza, dopodiché si valuterà se emettere un provvedimento analogo». Come dire: non c’è davvero limite al peggio. Eppure, è evidente che si tratta ancora una volta di allarmismo fine a se stesso, di un’ennesima trovata propagandistica che strumentalizza il fenomeno immigrazione e discrimina i profughi. E che fomenta ancora odio, chiusura e disprezzo.
Ma una ventata di “freschezza” in questa terribile calura estiva, giunge oggi su due fronti. A dare un po’ di sostegno al nostro sconforto dinnanzi a questa diffusione “contagiosa” del rifiuto dell’accoglienza (sembra un paradosso: “contagio” contro “contagio”!), vi è, innanzitutto, la denuncia penale, depositata presso la Procura di Savona, nei confronti del sindaco di Alassio, Enzo Canepa, del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, dell’assessore regionale, Stefano Mai (ex sindaco di Zuccarello), e dei sindaci di Ortovero (Andrea Delfino), Vendone (Pietro Revetria), Erli (Candido Carretto) e Garlenda (Silvia Pittoli), tutti nel savonese, “per i reati di cui agli artt. 3 D. L.vo 122/1993, art.1 della legge 205 del 1993, 658 c.p., art. 3 della Costituzione italiana in connessione con l’art. 2 che tutela i diritti inviolabili dell’uomo (violazione del principio di eguaglianza 120 del 1967)”. A sporgere denuncia, il Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione, la cui presidente, Aleksandra Matikj, chiede anche di valutare se si possa riscontrare nell’ordinanza del Comune di Alassio la violazione dell’articolo 21 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (che al comma 2 dice: “… è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza…”) e, in caso positivo, che in base a tale articolo, l‘ordinanza venga dichiarata nulla. Al tempo stesso, Cgil, Arci, Medici Senza Frontiere, Amnesty International, Terre des Hommes, Avvocato di Strada, Comunità di San Benedetto e Campagna LasciateCIEntrare, Asgi e Simm, comunicano di aver presentato un esposto all’UNAR, sempre per segnalare il contenuto dell’ordinanza di Alassio. L’esposto cita anche un provvedimento del Tribunale Amministrativo Regionale del Veneto che aveva sospeso (sette mesi fa) l’efficacia dell’ordinanza cosiddetta “anti-ebola” adottata dal sindaco di Padova, affermando che “… il provvedimento impugnato non evidenzia la sussistenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza o la sussistenza di un’emergenza sanitaria di carattere locale che giustifichi l’esercizio del potere di ordinanza”, citando anche il protocollo per la gestione della malattia da virus Ebola redatto dall’Ulss n. 16 di Padova. Ed il Tar stesso, ieri, ha definitivamente annullato l’ordinanza emanata dal sindaco Bitonci nell’ottobre 2014, giudicandola illegittima e condannando Palazzo Moroni a rifondere le spese legali sostenute dai ricorrenti.
Una piccola vittoria che condividiamo volentieri. Ma, purtroppo, altre ordinanze creative già impazzano. E la cosa ci preoccupa non poco.