“Mentre gli Stati europei hanno aumentato le misure per controllare l’accesso ai loro territori, chi cercava protezione internazionale in Europa ha compiuto viaggi ancora più pericolosi, attraverso contrabbandieri o percorsi alternativi, per raggiungere le destinazioni agognate”.
E’ quanto si legge in una nuova pubblicazione dell’Unhcr. L’11 aprile, è stato infatti reso noto un nuovo rapporto che illustra come si sono modificati i modelli dei flussi migratori misti verso l’Europa nell’ultimo periodo. Unhcr sostiene che, nonostante sia diminuito il numero di rifugiati e migranti, rispetto allo scorso anno, i pericoli che affrontano durante il viaggio sono aumentati. Numeri e grafici alla mano per ricapitolare che cosa è successo nel Mediterraneo dal gennaio 2017 a oggi, ci dicono che c’è poco da festeggiare sul calo degli arrivi. Lo evidenziava, anche, pochi giorni fa il Centro Astalli, presentando il suo ultimo Rapporto sui rifugiati in Italia.
Libia: meno partenze, viaggi più rischiosi
Il rapporto “Desperate Journeys – January 2017 to March 2018” (link) rileva come gli arrivi via mare in Italia, provenienti principalmente dalla Libia, siano drasticamente diminuiti dal luglio 2017. Questa tendenza è continuata nei primi tre mesi del 2018, con un calo del 74% rispetto allo scorso anno. Mentre il numero complessivo di traversate del Mediterraneo è rimasto molto al di sotto dei livelli del 2016, il rapporto dell’UNHCR osserva, al contrario, un aumento degli arrivi in Spagna (un aumento del 100% rispetto al 2016, e i primi mesi del 2018 mostrano una tendenza simile) e in Grecia nell’ultima parte del 2017 (si è registrato un aumento del 33% tra maggio e dicembre). A causa delle maggiori restrizioni imposte in Ungheria, molti rifugiati e migranti ricorrono a rotte alternative per spostarsi all’interno dell’Europa. Nel rapporto si sottolineano anche gli abusi e le estorsioni subite da rifugiati e migranti per mano di trafficanti, contrabbandieri o gruppi armati lungo varie rotte verso l’Europa.
Il viaggio dalla Libia verso l’Italia si è dimostrato, paradossalmente, sempre più pericoloso: nei primi tre mesi del 2018, muore una persona su 14 che partono, nello stesso periodo del 2017 il rapporto di 1 su 29 (a tale proposito è possibile consultare anche il sito OIM, http://missingmigrants.iom.int).
Pascale Moreau, Direttrice dell’Ufficio per l’Europa dell’UNHCR, ha riferito che “si stima che oltre 3.100 persone abbiano perso la vita in mare l’anno scorso lungo le rotte verso l’Europa, rispetto alle 5.100 del 2016. Altre 489 persone sono morte o risultano disperse dall’inizio del 2018. Oltre ai decessi in mare, nel 2017 ci sono state almeno altre 75 persone lungo le rotte terrestri che hanno perso la vita alle frontiere esterne dell’Europa o durante il viaggio in Europa, insieme a continue e preoccupanti segnalazioni di respingimenti”.
Secondo le ultime stime dell’OIM, rese note oggi, dall’inizio dell’anno, 557 migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo mentre tentavano di raggiungere l’Europa.
Negli ultimi mesi si è registrato un deterioramento molto preoccupante della salute dei nuovi arrivati dalla Libia: un numero crescente di persone infatti sbarca in precarie condizioni di salute e denutrite.
Ricordiamo che dal 28 novembre 2017 al 14 marzo 2018, l’OIM ha aiutato complessivamente 10.171 migranti a rientrare volontariamente nei Paesi di origine dalla Libia, a cui vanno aggiunti i circa 1.300 reinsediamenti effettuati dalla UN Refugee Agency (UNHCR). Ma il caos generale in Libia, costringe a condizioni di vita estremamente precarie e sottopone molte persone a trattamenti inumani e degradanti. I gruppi armati ricorrono all’elettroshock, alla fustigazione e usano sbarre di metallo con cui picchiano a sangue le persone.
E a tale proposito, l’High Commissioner for Human Rights (Ohcr) e l’United Nations support mission in Libya (Unsimil) hanno appena presentato (il 10 aprile) il rapporto congiunto “Abuse Behind Bars: Arbitrary and unlawful detention in Libya” che denuncia l’orrore di quel che sta accadendo in Libia e documenta i casi di tortura e di violazioni dei diritti umani effettuati dal 17 dicembre 2015 al primo gennaio 2018, che coincide con l’inaugurazione del Governo di Accordo Nazionale di Serraj.
Secondo l’Alto commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein «l’orrore e l’arbitrarietà di queste detenzioni colpiscono sia le vittime che le famiglie. Le violazioni e gli abusi devono cessare e i responsabili di tali crimini devono essere ritenuti colpevoli e consegnati alla giustizia».
Il rapporto Ohcr e Unsimil denuncia anche diverse morti di migranti detenuti: «I corpi di centinaia di persone detenute da dei gruppi armati sono stati scoperti nelle strade, negli ospedali e nelle discariche, la maggioranza aveva segni di tortura e ferite da proiettili» (dello stesso tenore i rapporti pubblicati da Oxfam e Bordeline Sicilia del febbraio 2018, Libia: l’inferno senza fine e quello di Amnesty International del dicembre 2017, Libia: un oscuro intreccio di collusione).
Le donne, soprattutto quelle che viaggiano da sole, e i minori non accompagnati rimangono particolarmente esposti al rischio di violenza sessuale e di genere lungo le rotte verso l’Europa e in alcune località all’interno dell’Europa. Nel 2017, sempre secondo un altro rapporto diffuso da Unhcr, Viaggi Disperati, sono arrivati oltre 30mila minori attraverso il Mediterraneo, di cui oltre 17mila non accompagnati, provenienti soprattutto da Guinea, Costa d’Avorio, Gambia ed Eritrea. Minori soli sono stati il 13% degli arrivi in Italia (via mare), il 37% in Grecia.
Il rapporto dell’UNHCR mostra, tuttavia, anche un aumento del 54% del numero di persone reinsediate in Europa lo scorso anno, rispetto al 2016. La maggior parte di questi 26.400 rifugiati erano di nazionalità siriana (84%) e sono stati reinsediati dalla Turchia, dal Libano e dalla Giordania. Tra i Paesi europei, il Regno Unito, la Svezia e la Germania hanno accolto il maggior numero di rifugiati attraverso il programma del reinsediamento.
L’infinita emergenza umanitaria in Siria
Proprio sulla Siria, lo stesso Unhcr ha espresso, attraverso un comunicato stampa, enorme preoccupazione per i crescenti bisogni umanitari nel paese, le uccisioni di civili e la nuova spirale di esodi di massa causati dalle violenze che interessano diverse zone della Siria. Tutto ciò va ad aggiungersi a una situazione umanitaria già disperata. Solo nelle ultime 4 settimane sono fuggite da Ghouta est circa 133mila persone, parte delle quali hanno trovato rifugio in alcuni centri collettivi nelle zone rurali di Damasco. A queste si aggiungono 137mila sfollati fuggiti dalla regione di Afrin verso alcuni villaggi vicini ad Aleppo. Sono nel complesso circa 250mila gli sfollati siriani che hanno bisogno di aiuti umanitari UNHCR “rinnova il proprio appello a tutte le parti coinvolte nel conflitto affinché sia garantita un’adeguata protezione dei civili, compresa la libertà di movimento e la libera scelta su dove abitare.”
Il quadro, al di qua e al di là del Mediterraneo, resta dunque preoccupante. E purtroppo, troppo spesso i dati che lo documentano rimangono confinati nelle pagine dei report delle organizzazioni internazionali senza produrre alcun miglioramento di sorta per i numerosi migranti che cercano di raggiungere l’Europa ad ogni costo.