“Non sarebbe meglio applicare una vecchia legge dell’impero Romano, cioè, la pena capitale o pena di morte agli immigrati che commettano reati gravi?” Questa gravissima frase non risale a un remoto passato: si legge invece in un articolo, intitolato “Quanto ci costa l’immigrazione?”, firmato da Alberto Calle e pubblicato l’8 marzo sulla testata online “Politicamentecorretto”.
I motivi alla base della frase di Calle sembrano essere diversi.
La considerazione che fa il giornalista è che “abbiamo un sopraffollamento nelle nostre carceri”. Un problema reale e urgente, sottolineato anche dalla presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini, che nel suo discorso di insediamento ha ricordato la “condizione disumana e degradante” dei detenuti.
Piuttosto che un concreto ripensamento del sistema penitenziario nazionale, Calle sembra credere che questo problema sia risolvibile attraverso l’eliminazione fisica di alcune persone, ossia quelle non italiane.
L’aspetto su cui si sofferma maggiormente il giornalista è però quello economico: prendendo spunto dal corteo che ha visto sfilare a Napoli, il 13 febbraio scorso, un gruppo di richiedenti asilo che manifestavano la propria preoccupazione legata alla fine del piano di accoglienza “Emergenza Nord Africa”, Calle si domanda se qualcuno si sia chiesto “quanto ci costa?”, riferendosi all’immigrazione. Il giornalista mette l’accento sulle spese sostenute dal governo italiano per ogni immigrato, “l’albergo dove risiedono e il cibo”, tutte cose considerate da Calle “un grande spreco della spesa pubblica”. Ma che non vengono accompagnate da alcun dato concreto.
“Noi adesso siamo uscendo dalla crisi – prosegue il giornalista – quindi non mi sembra giusto sprecare il denaro con gli immigrati clandestini, che tra l’altro, a volte commettono dei reati gravi, diamone un esempio, i marocchini che rubano e uccidono nelle nostre città”. Frasi a cui non si accompagna alcun dato, alcuna informazione che può dare al lettore la possibilità di verificarle. Le domande però sorgono spontanee: cosa dimostrerebbe che stiamo uscendo dalla crisi? E ancora, cosa porta il giornalista a scrivere che “gli immigrati clandestini a volte commettono dei reati gravi”? Non ci risulta che gli italiani non ne commettano, quindi a cosa è dovuta questa precisazione? E perché dovrebbe essere presa per buona l’informazione che “i marocchini rubano e uccidono nelle nostre città”? Anche qui, su quali dati o statistiche ci si basa, per stigmatizzare un intero gruppo nazionale?
L’articolo di Calle sembra piuttosto intriso di retorica nazionalista: “Non bisogna spendere il denaro dei nostri connazionali in favore degli immigrati clandestini”, afferma il giornalista, ricordando brevemente la protesta messa in atto il 18 febbraio scorso da un gruppo di persone trattenute nel Cie di Ponte Galeria, a Roma, dove sono stati danneggiati alcuni materassi e suppellettili. Quali sono stati i motivi di questa protesta? E’ stata una manifestazione isolata? Anche in questo caso, il giornalista non fornisce alcun dato, né contestualizza l’episodio. Non vengono quindi specificate le dichiarazioni del sindacato di polizia circa queste strutture, né quelle delle varie delegazioni che hanno avuto accesso ai Cie, e tantomeno i rapporti internazionali. Così come non viene riportato che l’anno scorso due persone trattenute proprio a Ponte Galeria si sono suicidate.
Forse per l’autore i migranti non sono persone e per questo può affermare che “non si può sprecare il denaro con gli immigrati”. Ma quello che per lui è uno spreco, noi lo vediamo come un investimento per l’Italia: martoriata da una crisi economica e sociale, può solo arricchirsi con l’inserimento positivo nel tessuto sociale di persone portatrici di nuove conoscenze. Persone che, tra l’altro, arricchiscono l’Italia nel vero senso della parola: contribuiscono al Pil per l’11,1% e versano nelle casse dello Stato quasi 11 miliardi di contributi previdenziali e fiscali l’anno, a fronte di una spesa di neanche 10 miliardi per i servizi a loro destinati, secondo i dati diffusi nel 2010 da Caritas/Migrantes.
Per quanto riguarda i detenuti, secondo i dati del Ministero della Giustizia, nel 2012 i cittadini stranieri rappresentavano il 35,7% del totale dei detenuti, una percentuale per altro in diminuzione dal 2009 quando erano il 37,1%. Il che dovrebbe indurre ad evitare generalizzazioni prive di ogni fondamento.
Forse l’articolo di Calle è una provocazione. Ma le provocazioni, ancor più in tempi di crisi difficili come questi, possono diventare pericolose soprattutto se fatte sulla pelle delle persone.
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