“Scuote la coscienza della città, il grande necrologio pubblicato sulla prima pagina della “Nuova Ferrara” e dedicato a Sahid Belamel, giovane maghrebino cosiddetto “clandestino”, morto per il freddo la mattina di San Valentino, dopo essere stato per molte ore nudo e ferito ai bordi di una strada, senza che nessuno lo soccorresse”. La notizia risale al 14 febbraio 2010: ci aveva colpito proprio l’esiguità delle informazioni a disposizione e l’indifferenza dell’opinione pubblica dinanzi ad una morte così terribile. Sahid aveva solo 29 anni, e come Yussuf Errahali e tanti altri cittadini stranieri, è morto, certo, di freddo, ma soprattutto d’indifferenza. Oggi, finalmente sappiamo cosa accadde quella notte. Il giovane, dopo essere stato cacciato da una discoteca alla periferia di Ferrara perché ubriaco, era stato prima accompagnato nei pressi dei cassonetti “affinché non desse fastidio”; successivamente era stato chiamato un taxi, ma il tassista si rifiutò di prenderlo a bordo, suggerendo di chiamare il 118. Nessuno chiamò i soccorsi e Sahid si allontanò percorrendo a piedi un centinaio di metri. Barcollando, perse l’equilibrio e finì nelle acque gelide del Canalbianco. Riuscendo a mala pena a rialzarsi, si tolse i vestiti zuppi (ritrovati “alla rovescia” a bordo della strada). Sahid restò in slip esposto a una temperatura proibitiva, pur chiedendo aiuto, cadde, si trascinò per altri 70 metri e rimase per altre tre ore al gelo sul ciglio della strada. Solo un automobilista si fermò alle otto di mattina per prestagli soccorso: ma oramai era troppo tardi. Queste drammatiche sequenze non sono soltanto una ricostruzione di quanto accaduto, ma sono state riprese da una telecamera a circuito chiuso di un’azienda artigianale. Dopo circa due anni si apre il processo: quattro le persone imputate per omissione di soccorso, il tassista, un amico, e due addetti della discoteca. La prossima udienza sarà l’11 luglio. Quello che possiamo auguraci è che, almeno per Sahid, venga fatta giustizia.