«Una volta i razzisti usavano degli pseudonomi: ora non si nascondono più e usano Internet per fomentare l’odio razziale». Con queste parole, pochi giorni fa, Anja Reschke, conduttrice della tv tedesca Ard, usa il suo editoriale di due minuti per un monologo contro chi utilizza i social network per fomentare e diffondere l’odio razzista. E poi lancia un appello: “Se pensi che i rifugiati non siano parassiti da bruciare, opponiti e svergogna i razzisti in pubblico”, auspicando una rivolta della gente “perbene”. Il video diventa virale e raccoglie subito numerosi “like”, commenti e condivisioni. Anche in Italia, si fa un gran parlare di hate speech, libertà d’espressione e social media. Ma a tutt’oggi, la querelle risulta irrisolta. E tuttavia, i social media sembrano sempre più assumere il ruolo di “sfogatoio” pubblico dell’odio verso l’altro e il diverso. Due casi in un giorno solo. Esponenti politici “di tutto rispetto” che sperimentano un uso tutt’altro che politically correct dei social media.
A Roma, il consigliere del I municipio, Luca Aubert, 36enne, con un passato nel centro destra prima, ed oggi nella lista “Noi con Salvini“, impiegato Atac, scrive su Facebook, a proposito di un fatto di cronaca che vede coinvolti dei cittadini rom: “Banda di zingaracci in azione a via Andrea Doria. Bisognerebbe fare una modifica al codice penale: non é reato se prendi a bastonate uno zingaro che ruba. Siete con me?”, frase corredata da un’immagine che ritrae quattro donne, presunte “rom”, alla fermata dell’autobus. Tra i commentatori c’è chi ha risposto con immagini inneggianti al fascismo e chi ha proposto di passare dalle parole ai fatti.
Aubert ha poi cancellato il suo post, pur tuttavia non pentendosi. A Repubblica.it spiega, a modo suo, la ragione del gesto: “L’ho scritto perché la gente è stanca di questa invasione, questi mettono paura. Io abito in Prati e l’altro giorno hanno tentato di rubare in casa del portiere dello stabile di fronte a casa mia. Non capisco perché tutto questo sdegno, ho solo invocato la legittima difesa, non ho invitato nessuno a picchiare i rom in generale. Ma se qualcuno entra a casa tua che fai, non ti difendi? Qualcuno mi deve spiegare come riescono a campare queste persone che vanno in giro in città?”.
Dalla Capitale, ci spostiamo al Nord, dove Elena Donazzan, Assessore regionale a Lavoro, Istruzione e Pari Opportunità (!!) in Regione Veneto, sulla sua pagina Facebook, racconta di un furto di biciclette subito nella città di Sanremo, e del modo in cui lei e suo marito ne sono tornati in possesso. “Ci hanno rubato le mountainbike che avevamo chiuso per bene col lucchetto (…) Ci viene in mente di (…) cercare le due biciclette in mezzo ai magrebini (cosa non semplice e piuttosto pericolosa a quest’ora…) in zona stazione. Nel frattempo io riconosco la mia bici con sopra un magrebino di m…..la MIA bicicletta – scrive l’assessore – Lo blocco, questo scappa e io come una pazza urlo che il bastardo l’avevo individuato. A quel punto é guerra. Il patriota Vittorio inforca la mia bici e a seguito di segnalazioni di una ragazza di Perugia che si ferma con la sua auto – certamente una Patriota in questa guerra tra stranieri ladri, malviventi e noi italiani – si mette a caccia della sua Specialized e dell’altro bastardo. In mezzo al buio in una zona distante dal centro becca tre magrebini, si fa giustizia da solo e riporta a casa la bici tra lo stupore dei noleggiatori autoctoni ….risultato: Magreb 0 Italia 2 ( le nostre bici tornate a casa) 1 in fuga….diciamo che i magrebini non avranno più tanta voglia di rubare le nostre bici se avranno il dubbio che vi sia un Patriota Camerata pronto a farsi giustizia. Viva l’Italia e gli italiani che non piegano la testa”.
Due post, due dichiarazioni che trasudano odio e disprezzo verso dei cittadini stranieri in modo indiscriminato. Parole pesanti che attaccano apertamente un intero gruppo di persone, contribuendo ad alimentare tra utenti dei social e lettori della stampa un allarme sociale, rinfocolando pregiudizi e incitando a comportamenti intolleranti e xenofobi.
Affermazioni di tale portata sono in contrasto con quanto ribadito da varie Convenzioni e organismi internazionali che si sono ampiamente espressi sulla questione dei discorsi d’odio. L’esercizio del diritto alla libertà di espressione comporta particolari doveri e responsabilità, tra cui l’obbligo di astenersi dal diffondere idee fondate sulla superiorità cosiddetta “razziale”.
Essere liberi di esprimersi non è un diritto assoluto. Ma, a quanto sembra molti utenti dei social sembrano ignorarlo. Di quante Anja Reschke avrebbe bisogno l’Italia?