Può un problema con il biglietto dei mezzi pubblici trasformarsi in un violento pestaggio? E possono essere dei funzionari dello stato, le cosiddette “forze dell’ordine”, a compiere la brutale aggressione?
E’ estremamente grave quello che è successo a Padova mercoledì scorso a P., un cittadino nigeriano di 49 anni, da vent’anni in Italia, dove ha una moglie e un figlio e dove lavora come steward per la sicurezza negli eventi che hanno sede in fiera.
Stando alle ricostruzioni, mercoledì pomeriggio, intorno alle 16.00, l’uomo, salito sull’autobus 22, viene fermato dai controllori,che gli contestano un’irregolarità nel biglietto dell’autobus. Lo fanno quindi scendere in Corso Vittorio Emanuele, dove c’è un’auto della polizia municipale. Secondo la legge, l’uomo sarebbe incappato in un illecito amministrativo, la cui conseguenza dovrebbe essere una multa. Per P., invece, scattano le manette. Perchè? P. non ha il tempo di capirlo, e del resto non c’è nulla da capire, se subito dopo vieni colpito da una decina di pugni al volto, buttato per terra e calpestato da chi indossa una divisa dello stato. E’ esattamente quello che succede a P, che nel frattempo viene insultato dal vigile che lo colpisce: “Tornatene al tuo paese, non venire qua a rompere”.
E’ lo stesso P., a raccontare quei minuti, in una testimonianza video raccolta dagli attivisti di Melting Pot: “Chiedevo aiuto, non respiravo più. Mi sono saliti con i piedi sul corpo. Dopo, mi hanno portato in caserma e chiuso in una piccola cella, dove mi hanno tenuto per più di quaranta minuti, ammanettato”. Solo l’intervento del Comandante della stazione di polizia fa si che P. venga liberato, e che possa finalmente arrivare un’ambulanza. Che, quando vede il volto tumefatto dell’uomo, lo porta subito in ospedale, nonostante le richieste della polizia di medicarlo e pulirlo in caserma. Ma c’è poco da pulire: P. ha la bocca gonfia, gli occhi semichiusi, gonfi e bordati di viola, lividi sul viso e intorno ai polsi. Viene portato in ospedale, dove è seguito a vista da tre vigili, che non sono gli stessi che l’hanno picchiato. “Io so che durante le visite si deve entrare da solo, ma loro non mi hanno lasciato mai, in tre sono entrati con me in sala durante la visita, mi hanno seguito anche in bagno”, racconta.
Dopo la visita, la dottoressa chiede di tenerlo in ospedale e, al rifiuto dei vigili che dicono di doverlo portare in caserma per sbrigare delle cose, chiede almeno che sia riportato dopo, per mantenerlo in osservazione. Niente da fare: P. viene riportato in caserma, dove viene sottoposto a fotosegnalamento, gli vengono prese le impronte digitali, e viene obbligato a firmare un verbale che contiene accuse pesanti contro di lui, come violenza e resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamenti e mancata esibizione dei documenti. Sono le tre della mattina quando P. viene portato a casa.
Il giorno immediatamente successivo, P. va dai carabinieri e sporge denuncia, appoggiato dall’Associazione per i Diritti dei Lavoratori (ADL Cobas) e Razzismo Stop.
Il tutto nel silenzio della polizia che, solo venerdì sera, quando ormai la notizia si è diffusa, non può fare a meno di esprimersi su quanto accaduto, con una versione decisamente diversa rispetto a quella denunciata. Secondo la polizia, P. (un cittadino di etnia africana) avrebbe affermato di non avere con sé i documenti. Ad un successivo controllo invece risultava averli addosso. Una volta sceso dall’autobus la persona cercava di darsi alla fuga. Trattenuto dagli Agenti per identificarlo, lo stesso metteva in atto una resistenza violenta che obbligava il personale intervenuto ad immobilizzarlo. Ne scaturiva una violenta colluttazione, durante la quale il soggetto aggrappandosi ad una inferriata di una finestra del fabbricato in loco perdeva l’equilibrio e picchiava il volto contro la stessa, e cominciava a sanguinare; nonostante la lesione l’uomo continuava a divincolarsi, colpendo gli Agenti di Polizia Municipale con gomitate, pugni, calci, prima di essere definitivamente ammanettato. Il cittadino è stato successivamente accompagnato presso gli uffici di via Liberi ove in considerazione delle sue condizioni fisiche, veniva immediatamente fatto giungere un veicolo del 118 che lo trasportava al Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera.
Insomma, per i vigili P. avrebbe fatto tutto da solo. Non amiamo il sensazionalismo, anzi. Ma in questo caso vi suggeriamo di guardare le fotografie pubblicate da Melting Pot. Non per sensazionalismo, appunto, né per pathos, ma per avere un’informazione quanto più corretta possibile e potersi fare una propria opinione, anche solo iniziale, su quanto successo e sulle ferite dell’uomo, per cui i medici hanno previsto una prognosi di 15 giorni.