Una cinquantina di cittadini tunisini, ospiti nell’hotspot di Lampedusa, hanno organizzato una protesta davanti al sagrato della Cattedrale. I migranti vorrebbero lasciare l’Isola, ma si oppongono al rimpatrio in Tunisia. La manifestazione si è mantenuta entro toni pacifici, sebbene poi i protestanti abbiano cercato di parlare con le forze dell’ordine. Nella notte, alcuni di loro hanno evitato di fare rientro nell’hotspot per paura di essere rimpatriati.
Ricordiamo che all’inizio del mese, la tensione è salita molto a Lampedusa, a seguito del suicidio di una persona ospitata nell’hotspot e di una rivolta scoppiata nel centro. Prima la lite tra due cittadini tunisini sfociata in contesa, poi l’accoltellamento di uno di loro ferito alla testa di striscio, quindi una sassaiola contro le forze dell’ordine che presidiavano l’hotspot.
Il sindaco Totò Martello chiede con forza al Viminale di accelerare le procedure di trasferimento, perché proprio i ritardi sarebbero alla base delle continue tensioni all’interno del centro.
Due giorni fa, il garante dei detenuti, Mauro Palma, ha denunciato, le condizioni in cui vivono le persone ospitate nell’hotspot: “La situazione più preoccupante che ho trovato è che le condizioni trovate nel centro sono le stesse di un anno fa e che già avevamo denunciato al Ministero dell’Interno. Tutte le indicazioni di miglioramento che avevamo proposto non sono state fatte. Avevamo chiesto che gli ambienti fossero decorosi. E’ inaccettabile in Europa avere ancora bagni alla turca senza porte. Così come i materassi su cui non ci poggeremmo mai sopra. Questo non toglie nulla alla professionalità delle persone ma gli standard vanno mantenuti”. E ha aggiunto: “Se questa situazione è tollerabile per pochi giorni diventa intollerabile se questi ragazzi rimangono per mesi. A questo punto ci si chiede se l’hotspot è un centro di detenzione visto che i migranti non possono uscire dal centro. Mi viene detto che possono uscire da un buco della rete. Ma non sono un’uscita legale del sistema”. Per Palma “c’è bisogno di una riconversione. Non dimentichiamo che siamo su un’isola dove è complicato eseguire un ordine di lasciare il territorio in pochi giorni”. E tutto questo mentre continua, in tutta Italia, la riapertura e l’istituzione dei Cpr che hanno cominciato ad operare attivamente con reclusioni e rimpatri.