“Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica”: così il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo venerdì sera, alla festa di Sinistra, ecologia e libertà. Una dichiarazione che, secondo quanto riporta la stampa, ha scatenato numerose polemiche. Secondo Don Gabriele Mangiarotti ad esempio, direttore di Cultura Cattolica, “la religione s’insegna a scuola non come ora di indottrinamento o di catechesi, ma per aiutare a comprendere una componente culturale della nostra storia e della nostra società”.
Nonostante le critiche, Profumo non ha fatto marcia indietro, ma anzi ha argomentato in maniera più dettagliata questa mattina, durante la presentazione della Biblioteca ministeriale: “Credo che il Paese sia cambiato, nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e Paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto”. Una visione che sembra tentare di rispecchiare maggiormente la realtà, sulla quale il ministro si è soffermato più volte: “Ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione – ha affermato – Un discorso che vale per l’ora di religione, ma anche per l’ora di geografia, che si può studiare anche ascoltando le testimonianze di chi viene da altri Paesi”.
Un’apertura apprezzata da molti, tra i quali la Rete degli Studenti Medi, che auspica una revisione globale, come spiega il portavoce nazionale Daniele Lanni, secondo il quale gli aspetti di cui ha parlato Profumo «vanno assolutamente rivisti. Questo non può però bastare per risollevare la didattica italiana, ferma a più di 40 anni fa». Della stessa opinione i Radicali: la senatrice Donatella Poretti evidenzia la necessità dell’“abolizione dell’esistente, perché oggi nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici. E non basta rivedere i programmi perché quell’ora è anche gestita dalla Chiesa cattolica”.
Molto diverse le reazioni di Cei, Lega Nord e PdL. Secondo mons. Gianni Ambrosio, presidente Commissione Cei per la scuola, l’ora di religione è “una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice nel cristianesimo». Anche secondo la Lega Nord la scuola deve essere un luogo dove si insegna a rispettare le nostre radici, come afferma il deputato Davide Cavallotto: “Se nelle nostre scuole ci sono anche studenti che vengono da altri Paesi, è giusto che rispettino le nostre radici cristiane e imparino la millenaria cultura dei nostri territori». E sempre di valori, piuttosto che di insegnamento e di attualizzazione coi tempi, parla Paola Binetti dell’Udc, secondo la quale “oggi più che mai c’è un disperato bisogno di ritrovare i valori cattolici, perché in molti casi è evidente che siano smarriti – e, in un’ottica non proprio di inclusione, conclude – chi non vuole può sempre restare fuori dall’aula». Anche secondo Alfredo Mantovano del Pdl la scuola è un’istituzione che deve insegnare ad apprezzare il nostro territorio e le nostre radici piuttosto che un luogo “che faccia crescere e maturare una coscienza civile rinnovata, e una cittadinanza responsabile, di cui abbiamo estremo bisogno», come invece ha affermato Profumo. Mantovano ha infatti reagito alle parole del ministro affermando: “Come fa una persona che proviene da un contesto differente dal nostro ad apprezzare i profili civili, storici, artistici, di costume delle nostre città e del nostro territorio se ignora i fondamenti di quelle radici cristiane che li hanno così profondamente segnati?»
Il filo conduttore sul quale si basano le critiche avanzate sembra essere dunque l’attenzione ai supposti valori di riferimento religioso e culturale, piuttosto che l’interesse per un insegnamento che sia al passo coi tempi e fornisca agli studenti i giusti strumenti per comprendere il mondo in cui vivono. Anche se, probabilmente, sono proprio i ragazzi a poter insegnare qualcosa al sistema educativo: gli studenti di una scuola visitata ieri da Profumo, frequentata per il 50% da ragazzi stranieri, alla domanda del ministro su come studiassero geografia, hanno risposto: “Non dai libri, ma dai nostri compagni che ci raccontano le loro città e i loro costumi”.