Slitta ancora, questa volta al 20 luglio, la data in cui si raggiungerà, forse, un accordo sulla redistribuzione di 60mila richiedenti asilo nel territorio europeo, 40mila ‘relocations‘ da Italia e Grecia e 20mila ‘resettlements‘ dai campi profughi fuori dall’Ue. I dubbi sono leciti, visto che ad oggi tutti gli incontri tenutisi per decidere una “politica comune” dell’Europa si sono conclusi senza alcun tipo di accordo in merito al ricollocamento dei migranti. Lo stesso è successo in Lussemburgo giovedì scorso, 9 luglio, durante la seconda parte del meeting tra ministri dell’interno dei paesi membri dell’Unione europea (qui il comunicato finale), dopo la prima tenutasi il 16 giugno (anch’essa finita con un nulla di fatto). “Non ci siamo ancora” ha ammesso il commissario europeo per l’immigrazione Dimitri Avramopoulos.
In realtà, l’accordo sulla ricollocazione – che, va ricordato, è su base volontaria – sarebbe stato raggiunto: ma su numeri più piccoli. Germania e Francia hanno dichiarato che nei prossimi due anni accoglieranno complessivamente circa 20.000 migranti: Berlino accoglierà 9mila richiedenti asilo da Italia e Grecia, e 3.100 dai campi profughi. La Francia ha parlato di 6.752 ‘relocation‘ e 2.375 ‘resettlement’. La Polonia dovrebbe accogliere 2.000 persone, ma dal 2017, mentre la Repubblica Ceca ha annunciato 1.500 posti. Austria, Slovacchia e Spagna hanno espressamente rifiutato di fornire indicazioni.
Il vero scoglio da superare è la distribuzione dei richiedenti asilo già presenti in Europa, in particolare in Italia e in Grecia, i due paesi in cui ad oggi si registra l’arrivo della quasi totalità dei migranti: su 150.000 ingressi in Europa nei primi sei mesi del 2015, 74.009 sono entrati in Italia e 75.970 in Grecia (dati Oim). Gran Bretagna e Danimarca, pur dando la propria disponibilità per la distribuzione dei 20.000 nuovi arrivi, hanno rifiutato di partecipare alla ricollocazione di 40.000 persone dai due paesi sulla sponda del Mediterraneo.
Secondo il Commissario Avramopoulus, “per raggiungere questo obiettivo la Commissione dovrebbe fornire adeguato supporto finanziario”.
Lo scenario che si prospetta è preoccupante: i numeri di cui si parla sono estremamente ridotti se confrontati con la situazione reale. “150mila persone sui 500milioni di abitanti dell’Europa non possono costituire una ‘invasione’. Specie se si prende in considerazione ciò che accade ai margini dell’Unione Europea: in Libano, dove gli abitanti sono 4 milioni, ci sono 1,5 milioni di rifugiati siriani. La Turchia ne ha accolti quasi 2 milioni”, ha sottolineato l’Oim.
Ma l’Unione europea e gli stati membri sembrano intenzionati a appoggiare misure tese a limitare la libera circolazione, piuttosto che ad aiutare le molte persone che cercano di migliorare la propria vita cambiando paese. Nessun canale umanitario per viaggi legali e sicuri, nessuna modifica del Regolamento Dublino III per permettere alle persone di circolare in Europa, nessuna distribuzione sul suolo europeo che sia minimamente in linea con le esigenze reali.