Ioan Puscasu, un bracciante di origini rumene di 46 anni, è morto in un silenzio assordante. Quasi surreale. Ioan era arrivato dalla Romania, nel 2008, per raggiungere la sorella e sognava di tornare presto nel suo paese, dove si stava costruendo una casa con i pochi risparmi raggranellati lavorando in giro per l’Europa.
Il suo corpo è stato ritrovato, un mese fa, il 17 luglio, riverso a terra, in un’umile cascina nell’agro di Carmagnola. L’uomo sarebbe stato stroncato da un arresto cardiaco. Ad un mese dalla sua morte, poche righe sulla stampa locale ci informano del suo decesso e delle molte ombre in cui è immerso. Secondo le prime ricostruzioni degli investigatori, infatti, il bracciante non si sarebbe trovato nella sua abitazione al momento del decesso, ma sarebbe stato colto da malore durante l’orario di lavoro, che svolgeva in nero e per poco più di 4 euro all’ora. Una paga da fame per rimanere 9 o 10 ore al giorno sotto le serre infuocate, dove la temperatura può raggiungere anche i 50 gradi. Lo hanno visto accusare un forte dolore al petto e poi accasciarsi a terra, proprio all’interno di una serra dove stava raccogliendo peperoni.
Un imprenditore agricolo della zona, che ha dichiarato di conoscere Puscasu «solo di vista», ha ammesso di averlo trovato riverso per strada e di averlo caricato in auto per riportarlo nella cascina, dove viveva con il cognato. Quando sono stati chiamati i soccorsi, un’ora dopo, era ormai troppo tardi. Il cuore di Ioan aveva smesso di battere.
Alcuni amici sostengono, invece, che Ioan lavorasse proprio per conto di quell’imprenditore, che la sera del 17 luglio lo avrebbe ritrovato di fronte alle sue serre. L’uomo avrebbe poi chiesto aiuto a familiari e conoscenti per cercare di eliminare ogni traccia di fango dal suo corpo, rivestirlo con abiti puliti e portarlo in cortile per una vera e propria messa in scena, nel maldestro tentativo di occultare quanto di sospetto potrebbe essere avvenuto all’interno della sua azienda agricola. Il proprietario dell’azienda avrebbe poi pagato il funerale dell’uomo e il trasferimento della salma e della famiglia in Romania. Forse per “pulire” anche la sua coscienza.
Al momento il fascicolo è nelle mani della Procura di Asti e lo Spresal sta conducendo ispezioni sulle condizioni di lavoro nelle serre. Ora sarà la Procura a valutare possibili responsabilità, mentre ai carabinieri toccherà verificare quanto siano veritiere le affermazioni di quei testimoni che hanno mosso accuse contro i datori di lavoro di Ioan. Intanto, il legale dell’azienda agricola ha dichiarato di attendere le ricostruzioni degli inquirenti, affermando peraltro che sulla vicenda sono state costruite “ipotesi fantasiose“.
Giovanni, come lo chiamavano affettuosamente tutti, il 2 agosto avrebbe compiuto 47 anni e aveva programmato di andare al mare con gli amici. Un’altra vita spezzata in mezzo alle coltivazioni di prodotti che giungono poi sulle nostre tavole. L’ennesima tragedia nei campi di una torrida estate. A che prezzo dovremmo pagare questi frutti delle nostre terre al mercato, pur di non vedere più sacrificare altre vite innocenti?