Anche Magdi Allam interviene sulla nomina di Cecile Kyenge a Ministro alla Cooperazione internazionale e Integrazione.
Lo fa dalle colonne del quotidiano Il Giornale, denunciando “la nomina di Cécile Kyenge come un atto di razzismo nei confronti degli italiani” (http://www.ilgiornale.it/news/interni/quella-nomina-razzista-intrisa-buonismoil-commento-2-912648.html )
Si discosta – fortunatamente – dal “discorso sul colore della pelle”, che considera “indegno di una nazione civile”.
Piuttosto, “la mia denuncia – scrive Allam – si fonda sul fatto che l’integrazione degli immigrati non può prescindere dalla condivisione dei valori fondanti della nostra identità nazionale”.
Secondo Allam, “Kyenge e il Pd [..] promuovono un modello di società multiculturalista, relativista e buonista [..] che in definitiva ci porterebbe ad annullarci come nazione”.
L’idea che sembra veicolare Allam è piuttosto pericolosa: quella di una nazione chiusa in se stessa, che include solo chi la pensa in maniera uguale.
Uguale a chi, poi? Ad Allam stesso, forse. Perché anche tra gli ‘italiani di nascita’ i valori non sono gli stessi e i pensieri differiscono fortunatamente. Forse – certo dopo gli immigrati – anche chi si discosta dall’ideologia dominante dovrà essere cacciato, in nome di una supposta omogeneità nazionale?
“Annullarci come nazione” è una frase carica di ideologia, che si fonda su un presunto sentimento di appartenenza, su cui Allam fa leva.
E lo esplicita in seguito, quando scrive che “in un momento in cui circa 6 milioni di italiani sono letteralmente ridotti alla fame e metà delle famiglie non arriva a fine mese [..] il governo dovrebbe avere come proposta programmatica di fondo il principio «Prima gli italiani». Sarebbe addirittura “da criminali favorire gli immigrati a discapito degli italiani”. La domanda sorge spontanea: chi vorrebbe favorire, e in che modo, gli uni a discapito degli altri?
Proporsi un avanzamento come società, prendere coscienza della realtà odierna, considerare importante la tutela dei diritti umani e civili a prescindere dalla cittadinanza scritta sul documento non sembra essere qui considerato la base del diritto, dell’Europa del nobel per la pace. No: “Il governo ha il dovere di privilegiare gli italiani nell’accesso ai beni e ai servizi per salvaguardare il nostro legittimo diritto alla vita, alla dignità e alla libertà qui nella nostra casa comune”.
Di fronte a frasi di questo tipo, i dubbi sono molti. Sembra che per Allam solo gli italiani abbiano diritto alla vita, alla dignità e alla libertà. Del resto, sembra cosa normale, perché siamo “qui nella nostra casa comune”. Allam fa però notare che “questa sinistra ci dice che dobbiamo rassegnarci alla prospettiva della civiltà multiculturalista, dove si diventa italiani se si nasce in Italia anche se i genitori disprezzano l’Italia, dove si sommano e si fondono i valori, le identità e le culture perché sarebbero tutte uguali a prescindere dai loro contenuti”. Su quali basi Allam afferma che “I genitori disprezzano l’Italia”?
Purtroppo, in Italia non si diventa italiani se si nasce in Italia. Speriamo che questo cambiamento avvenga in fretta.
“E’ nostro diritto e dovere proclamare ad alta voce «Prima gli italiani»”, conclude Allam.
Secondo noi, è nostro diritto non chiudere gli occhi di fronte ad una società che è già composta da persone diverse (che siano nate qui o altrove) per storia, formazione culturale, orientamento politico e sessuale, appartenenza religiosa e sì, anche origine nazionale. Quello che si deve proclamare, è il rispetto dei diritti e della dignità di tutti. Senza alcun avverbio a indicare precedenze.