Lo avevano annunciato, e così è stato: le persone trattenute nel CPSA di Pozzallo hanno ripreso lo sciopero della fame.
Dal 12 gennaio i migranti chiedono di essere trasferiti in centri più idonei: il CPSA è infatti un centro di primo soccorso e accoglienza, dove le persone dovrebbero rimanere un massimo di 72 ore prima di essere trasferite in altre strutture competenti.
Non è però quello che succede: le persone restano nel CPSA per un tempo molto più lungo, e inoltre sono frequenti, soprattutto negli ultimi mesi, i trasferimenti da altre strutture al centro di Pozzallo, come nel caso di 40 migranti trasferiti dalla tendopoli di Messina nel CPSA a fine dicembre 2013, o come i sette eritrei sopravvissuti alla strage del 3 ottobre e trasferiti da Lampedusa a Pozzallo proprio il 12 gennaio.
Borderline Sicilia Onlus e il comitato antirazzista Restiamo Umani denunciano la condizione di sovraffollamento in cui si trova il centro, inadeguato a fornire assistenza durante il periodo invernale: mancherebbero infatti acqua calda e coperte.
Lo sciopero, iniziato il 12 gennaio, era rientrato pochi giorni fa dopo dopo il trasferimento di 68 persone – spostate senza alcun preavviso né informazioni sulla destinazione.
I migranti avevano comunque dichiarato di essere intenzionati a riprendere lo sciopero se entro pochi giorni non fossero stati disposti altri trasferimenti: cosa che non è avvenuta, portando le persone a rifiutare ancora una volta il cibo.
A oggi il Centro di Pozzallo ospita 320 migranti, a fronte di una capienza massima di 120 persone.