Il 27 settembre, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, durante un’audizione in Commissione Parlamentare Infanzia sui minori stranieri non accompagnati, ha dichiarato Lampedusa “porto non sicuro per i soccorsi in mare”, almeno finché il centro di accoglienza non sarà ricostruito. Questo significa che gli altri migranti che sono in arrivo sulle nostre coste devono essere portati in altri centri. Non sono mancate certo le reazioni da parte di associazioni e organizzazioni internazionali. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e Save the Children hanno espresso la propria preoccupazione in merito a questa decisione (qui di seguito potete scaricare il comunicato stampa). Più volte in questi mesi abbiamo denunciato, insieme a molte altre organizzazioni, il rischio che poteva comportare la scelta di concentrare a Lampedusa gli arrivi dei migranti e dei profughi provenienti dal Sud del Mediterraneo chiedendo che venisse predisposto un piano di accoglienza diffuso sul territorio nazionale. Ma la risposta non può certo essere quella di chiudere il centro di accoglienza di Lampedusa e vietare l’approdo dei mezzi di soccorso sull’isola. Il Centro Astalli fa giustamente notare che “nessuna decisione può essere presa prescindendo dalla necessità e dall’urgenza di salvare vite umane” (si veda il comunicato stampa allegato).