Lettere e offese reiterate. “Non si è mai vista una negra che prende 10 a Diritto”, “Tornate al tuo paese”, “Sei nata sporca”: questo il contenuto delle lettere lasciate sul banco o nello zaino di una giovane studentessa, al primo anno di un istituto superiore di Pisa. La situazione è stata segnalata dal padre della ragazza al preside di istituto: ma nulla è cambiato. L’uomo si è anche confrontato con gli studenti. “È una situazione che mi fa stare male perché sapere che in classe c’è gente che pensa queste cose di me è davvero doloroso“, ha dichiarato la ragazza intervistata dai quotidiani. La gravità della situazione e l’inerzia dell’istituto hanno fatto si che il padre si sia rivolto ai carabinieri. Un episodio di bullismo e razzismo molto grave. “Mi sento molto offesa per quello che è successo. Quando tutto questo sarà finito e i responsabili individuati, li voglio guardare negli occhi per dirgli quanto mi dispiace che sia stato un mio compagno di classe a fare tutto questo”, ha scritto la giovane in una lettera inviata a La Repubblica, affermando: “Non avranno quello che vogliono, non mi faranno nascondere a casa. Andrò ancora a scuola e studierò ancora più di prima. E continuerò a sentirmi sia senegalese che italiana“. Tutta la nostra solidarietà alla ragazza. Pubblichiamo in merito un commento del Cospe, pubblicato sul sito del progetto Cirdi.
Il bullismo razzista: un commento di Cospe sul caso di Pisa
Il bullismo a scuola si è ripresentato questa volta nella forma dell’offesa razzista e per la bravura negli studi del bersaglio prescelto. I fatti riferiti dai media nella giornata del 18 maggio, si sono svolti in una scuola di Pisa. Tutta la nostra solidarietà ed incoraggiamento alla giovane e brava studentessa colpita. Secondo quasi tutti i giornali che hanno riportato la notizia, gli atti di bullismo razzista nei confronti della ragazza colpita sono stati reiterati, nonostante la segnalazione fatta alla scuola dalla ragazza e la sua famiglia. Il padre sarebbe anche stato nella classe, presumiamo con il consenso/invito delle autorità competenti, per dialogare con i compagni e le compagne di classe della figlia, sull’importanza e la necessità di rispettarsi. Le autorità (preside, insegnanti, rappresentanti di genitori e degli studenti) prendano atto che devono fare un lavoro più duro e a lungo termine per prevenire fatti gravi come questo. Qualunque siano le misure adottate dopo la prima segnalazione della famiglia, non hanno sortito l’effetto desiderato, se le offese sono proseguite fino ad indurre la famiglia a rivolgersi alle forze dell’ordine.
Dopo la condanna finora unanime, bisogna che il fatto venga discusso in tutte le classi della scuola in questione e non solo in quella dove sono avvenuti questi ripetuti atti di bullismo; lo stesso devono fare anche gli insegnanti, così come il personale non docente. Interagire con gli studenti per prevenire il manifestarsi di casi come questo non può essere confinato né in una materia d’insegnamento, né nella ‘settimana d’azione contro l’intolleranza’ promossa dal Ministero dell’Istruzione ma deve investire tutte le materie così come ogni occasione adatta ad educare al rispetto degli altri. Occorre fare tesoro di alcune cose che sappiamo da tempo sugli atti di bullismo: non avvengono mai davanti alle autorità scolastiche ma all’entrata e uscita dalla scuola e durante la ricreazione e negli intervalli tra la fine di una lezione ed un’altra. Altra cosa che sappiamo da tempo è che raramente le vittime riferiscono gli insulti o aggressioni subite all’insegnante; è più probabile che lo facciano con i genitori e ancor di più con i fratelli o sorelle. Date queste poche informazioni, la scuola si deve organizzare a prevenire fatti come questo.
La scuola deve comunicare in modo chiaro agli studenti, come al personale tutto, che i comportamenti offensivi volti a sminuire le caratteristiche delle altre persone non saranno tollerati e chi mette in atto simili comportamenti verrà sanzionato/a. Si faccia attenzione a definire sanzioni che colpiscono il comportamento da censurare senza condannare la personalità dell’attore. Salvo che un fatto di questo genere non costituisca reato d’interesse delle autorità giudiziarie, è preferibile che le sanzioni da applicare a chi lo mette in atto siano tali che l’attore rimanga parte della comunità scolastica. Minacciare l’espulsione dalla scuola non sembra il punto di partenza migliore, pur essendo parte della gamma delle sanzioni del caso, per spiegare agli studenti il perché non bisogna compiere atti di bullismo, comunque motivati, nei confronti di una compagna o un compagno di classe o scuola.
Firenze, 19 maggio 2015.