Hanno bloccato la strada, esibito saluti romani e inneggiato al duce. Dopodichè, sono arrivati nell’area abitata da un gruppo di cittadini rom, in via Dione Cassio, a Milano. E hanno iniziato a lanciare pietre, ferendo un uomo.
E’ accaduto lunedì scorso, 15 aprile, intorno alle 18.30. “I manifestanti erano circa ottanta, fra cui molti giovani”, riporta Stefano Nutini, del Gruppo Sostegno Forlanini. In un comunicato, il Gruppo sottolinea l’inadeguatezza della polizia nel gestire l’episodio: “La manifestazione non era stata autorizzata, ma è di fatto stata esplicitamente tollerata dalle forze dell’ordine”, si legge nel comunicato, che prosegue: “La gestione della piazza da parte delle forze dell’ordine è stata assolutamente approssimativa e insipiente, lasciando ampio varco alle iniziative dei manifestanti, tra i quali stavolta hanno fatto ampia mostra di sé slogan fascisti (“Boia chi molla” ecc.), saluti romani, esibizione di magliette coll’effigie del duce”.
Non è la prima volta che l’insediamento viene preso di mira da gruppi di estrema destra. Già venerdì 12 aprile alcune persone, tra cui residenti della Zona 4 – area dove sorge l’insediamento – e membri del circolo Domenico Leccisi – dal nome dell’ex deputato del MSI che, venuto a conoscenza del luogo di sepoltura di Mussolini, ne trafugò la salma, custodendola e successivamente consegnandola all’Angelicum di Milano – avevano organizzato una manifestazione in via Ungheria, a ridosso di via Dione Cassio. Secondo le associazioni Upre Roma, Romano Drom e Museo del viaggio Fabrizio De Andrè, aderenti alla Consulta rom e sinti di Milano, al termine della manifestazione sarebbero state lanciate a ridosso dell’insediamento alcune bottiglie incendiarie.
Visto il clima di alta tensione, le associazioni avevano chiesto di non autorizzare altri presidi. Invece, il permesso per la manifestazione di lunedì 15 è arrivato: “Quello che ai nostri occhi è molto grave è che un tale presidio sia stato permesso, pur sapendo bene che questa comunità sarà sgomberata dall’amministrazione comunale a breve e inserita in una struttura per avviare possibili soluzioni di integrazione”, commentano le associazioni.
In effetti, le autorità milanesi avevano già annunciato lo sgombero dell’insediamento entro aprile. “I cittadini che abitano intorno al campo Rom di via Dione Cassio sanno bene che a fine mese sarà attuato l’allontanamento programmato degli occupanti e tutta l’area sarà ripulita e messa in sicurezza in accordo con la proprietà – ha dichiarato Marco Granelli, Assessore alla Sicurezza e Coesione sociale – Abbiamo presentato questa soluzione più volte in Consiglio di Zona 4 e in assemblee con i comitati di cittadini residenti e siamo pronti ad attuarla secondo le modalità previste nelle linee guida del piano Rom”.
Ora, però, il dibattito sembra spostarsi dall’insediamento di via Dione Cassio. In questi giorni, infatti, sono in molti a interessarsi della “questione rom”, e non solo nella zona 4 di Milano – dove anche martedì 16 un gruppo di residenti e alcuni membri dei gruppi di estrema destra si sono ritrovati davanti all’insediamento, provando a sfilare su viale Ungheria, fronteggiati dalla polizia.
Quello che si può constatare è la presa di posizione di diversi protagonisti politici.
Lunedì 15 aprile, davanti al Comune di Milano il partito Fratelli d’Italia ha messo in atto una protesta contro la convenzione siglata dall’amministrazione e dalla prefettura per il Progetto rom: secondo i consiglieri comunali di FdI Riccardo De Corato e Marco Osnato, il progetto avrebbe “stravolto” l’originario ‘Piano Maroni’, destinando i finanziamenti statali, invece che allo sgombero dei campi, a “dare casa ai rom”. Nel corso della protesta, è stato esposto lo striscione “Ai milanesi alzate l’Imu, ai rom date le case”.
Ieri invece, martedì 16, In via Lombroso si è svolto un presidio promosso dal consigliere regionale e comunale del Pdl Giulio Gallera, per protestare contro l’apertura, poco distante, del centro d’accoglienza temporanea per rom, rifugiati e senzatetto. “Assurda è la decisione di Pisapia di creare un nuovo campo rom”, ha dichiarato Gallera, che è anche coordinatore milanese del Popolo della libertà, “in una zona in cui i problemi di sicurezza sono elevatissimi a causa dei già numerosi insediamenti abusivi”.
Sembra che in entrambi i casi le persone rom non vengano considerate dei cittadini: da una parte ci si stupisce se un’amministrazione pensa a creare un inserimento, anche abitativo, e dall’altra li si criminalizza a priori.
Le associazioni ribattono che “i 5 milioni di cui si parla nel progetto del Comune sono quelli stanziati dal ministro leghista Maroni, e che nella passata legislatura il vicesindaco De Corato ha buttato al vento ben più di 5 milioni di soldi pubblici in sgomberi utili solo alla sua propaganda, lasciando tutti i problemi irrisolti”.
Che la situazione sia problematica sembra evidente. Lo testimoniamo anche i molti commenti pubblicati sul profilo Facebook del Comune di Milano, che rispecchiano la presenza di una forte intolleranza: “Abito in zona 4 e purtroppo non posso che constatare l’aumento incontrollato degli insediamenti ROM abusivi”, “mandateli a casa”, “bisognerebbe far convivere loro con queste (persone)”, “pensiamo agli italiani, non a questi che non vogliono integrarsi”, fino a condividere una fotografia proveniente da un gruppo chiamato “Italia fascista”.
Questi commenti, però, sono indice anche di un pregiudizio diffuso, una vulgata cui ha contribuito anche una propaganda politica fatta spesso a suon di sgomberi, criminalizzazioni e contrapposizioni “noi-loro”, ancor più da quando la crisi economica ha iniziato a indebolire il paese. Tutti elementi che spostano l’attenzione dai reali problemi. Che però, nonostante i toni alti e gli slogan, nell’Italia del 2013 – un paese membro dell’Unione Europea, premio nobel per la pace – rimangono.
Come poterli fronteggiare? Forse, in questo caso, attraverso un articolato e reale lavoro di inserimento. E, prima, di conoscenza, come suggeriscono le associazioni aderenti alla Consulta Rom e Sinti di Milano, che invitano “i cittadini a cercare la verità nei fatti e non nelle bugie propagandistiche”.