Chiediamo che Giovedì 23 aprile al vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo europei sull’emergenza immigrazione venga decisa la messa in atto di una solida operazione congiunta europea di ricerca e salvataggio in mare, principalmente concentrata sul salvataggio di vite umane. —
L’incidente del 18 aprile rappresenta la più grande perdita di vite umane mai verificatasi nel Mar Mediterraneo.
Purtroppo è solo uno dei tragici episodi che periodicamente insaguinano il Mediterraneo: solo la scorsa settimana in un incidente simile avevano perso la vita 400 persone, nell’ottobre 2013 il disastro di Lampedusa vide quasi 600 morti in due incidenti.
Complessivamente nel corso del 2014 circa 219.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo e ben 3.500 migranti vi hanno perso la vita.
Questa ennesima ecatombe conferma l’urgenza di ripristinare un’operazione di salvataggio in mare e di stabilire vie legali per raggiungere l’Europa, nell’ambito di un progetto comunitario a lungo termine.
Mi chiamo Tareke Brhane e sono Presidente del Comitato 3 Ottobre, organizzazione no profit fondata all’indomani del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, quando 368 persone morirono nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Sono fuggito dal mio paese a 17 anni per evitare la coscrizione a vita. Nel mio viaggio ho subito la violenza e la prigionia, ho rischiato di morire, sono stato respinto al primo tentativo di attraversare il Mediterraneo, ma alla fine sono riuscito a raggiungere l’Italia. Con il Comitato 3 Ottobre mi batto per ottenere l’istituzione di una Giornata della Memoria e dell’Accoglienza, da celebrare simbolicamente ogni 3 ottobre a livello nazionale ed internazionale. L’obiettivo è restituire dignità ai migranti che hanno perso la vita, ma anche onorare le persone che hanno rischiato la propria vita per soccorrerli e creare un momento di riflessione condivisa che permetta una reale cultura dell’accoglienza.
La prima cosa che penso quando apprendo di un nuovo naufragio è cheho avuto la fortuna di vivere un’altra vita. Allo stesso tempo mi assale una profonda tristezza nel vedere queste persone che continuano a morire per cercare di mettersi in salvo. Ho deciso di abbandonare la mia patria, l’Eritrea, perché non avevo scelta: parliamo di un Paese dove c’è una dittatura feroce da tanti anni. Allo stesso modo tutte quelle persone che vediamo fuggire e arrivare in Italia a bordo di un barcone di fortuna lo fanno perché sono disperati, perché non hanno alternative. Non smetteranno di continuare a partire, neanche la paura della morte potrà mai fermarli.
L’Europa non può continuare a contare le vittime stando a guardare. Queste non sono stragi inevitabili. Chiediamo l’avvio urgente di attività di ricerca e di soccorso in mare su ampia scala e l’apertura di vie legali per garantire un accesso sicuro all’Europa a chi fugge da conflitti e persecuzioni. Per evitare che un viaggio di speranza si trasformi in un viaggio di morte.