Abbiamo seguito con apprensione lo sviluppo della manifestazione “anti-rom” di domenica pomeriggio a Pescara. L’aria che si respirava leggendo le varie agenzie di stampa e dai primi filmati non era delle migliori. Ma facciamo un passo indietro. La sera del primo maggio, Domenico Rigante, pregiudicato di 24 anni e ultras del Pescara Calcio, è stato ucciso intorno alle 22 mentre si trovava in casa di un amico per vedere una partita. Nell’appartamento hanno fatto irruzione 4 persone (“almeno 4 persone tutte di estrazione rom”, riferisce addirittura un piccolo giornale locale!) che la sera prima avevano avuto “uno screzio” con il fratello gemello di Domenico, Antonio. “Lite per futili motivi”, dicono alcuni, per “vendicare le percosse”, dicono altri, “un gruppo di rom che da tempo era in forte contrasto con parte dei tifosi del Pescara, per ragioni estranee al calcio”, secondo la Polizia.
Le ragioni di questa “spedizione punitiva” in stile far west, non sono per niente chiare, o non le si vuole far venire fuori. I due fratelli Rigante si sono nascosti, Antonio sotto un letto, Domenico sotto al tavolo della cucina. Domenico è stato visto e probabilmente scambiato per il fratello. Ferito al fianco, è stato trasportato in ospedale, dove è morto poco dopo.
La Squadra Mobile di Pescara ha subito identificato il responsabile in Massimo Ciarelli, 29 anni, di origini rom, ma di madre italiana. Particolare che è sfuggito ai più: soltanto pochissime testate hanno precisato che si tratta in realtà di un “rom-italiano”. Particolare rilevante nella misura in cui le reazioni successive all’uccisione hanno fatto riferimento all’ “estraneità” di Ciarelli rispetto alla comunità locale. In pochi hanno ricordato che la presenza dei rom a Pescara è pluridecennale, in troppi hanno assecondato la lettura in chiave “etnica” di una vicenda che ha probabilmente ben altre radici.
Tornando ai fatti, prima ancora che venisse diffusa la notizia del decesso del ragazzo, sono iniziate le reazioni violente: pochi minuti dopo l’agguato, due bottiglie molotov artigianali, sono state lanciate contro l’abitazione della famiglia di Massimo Ciarelli.
Immediata anche la reazione dei Pescara Rangers, gruppo ultrà locale, che ha annunciato la manifestazione di domenica 6 maggio, lanciando un comunicato stampa dai toni pericolosamente minacciosi e xenofobi (“Una cittadinanza che non può e non deve accettare prese di posizione e rivendicazioni da parte di chi PESCARESE NON E’ !!! (…) Non possiamo permetterci di far finta di niente, non possiamo permetterci di perdere il NOSTRO territorio: PER TROPPI ANNI HANNO FATTO IL PORCO DEL COMODO LORO, ORA LI DOBBIAMO CACCIARE VIA TUTTI, ORA DEVONO SPARIRE !!! (…) Avvisiamo inoltre queste ultime di accettare il nostro invito, perché altrimenti ci vediamo costretti ad agire come sappiamo fare e come meglio ci riesce. (…) ABBIAMO UN FRATELLO DA VENDICARE… O LI FATE SPARIRE VOI O CI PENSIAMO NOI !!!”).
Il giorno prima della manifestazione indetta dai tifosi, davanti al Comune, dove era in corso la riunione straordinaria del Comitato di Sicurezza e Ordine Pubblico, è stato esposto uno striscione che riportava la scritta “Avete cinque giorni per cacciarli dalla città”, un chiaro riferimento alla comunità rom.
E’ intervenuto anche l’ufficio stampa della Lega Nord Abruzzo (!) con un comunicato “Per allontanamento zingari da Pescara”, che chiede che “le istituzioni locali, fino ad oggi colpevolmente inerti, adottino tutti gli strumenti per l’allontanamento coatto dalla zona di Pescara di questi Rom”. La Lega Nord Abruzzo ha invitato, inoltre, “i pescaresi ad assumere un senso civico unitario ed attivo contro questo male che colpisce da sempre, ed in maniera sempre più feroce, la città di Pescara”.
Tanto è bastato per far intervenire anche Marco Forconi, candidato sindaco per Forza Nuova a Montesilvano: “Non mi sentirò di condannare, moralmente e politicamente, qualsiasi eventuale atto di risposta, singolo o collettivo, nei confronti della comunità rom pescarese’”. Insomma, un concentrato di antiziganismo si è diffuso in rete in poche ore.
Ma torniamo al corteo degli ultrà. Circa duemila persone, sembra in gran parte ultrà, si sono ritrovate in piazza intonando cori da stadio inneggianti all’odio contro i rom. I toni pian piano sono saliti fino a quando un gruppo di circa duecento manifestanti, capeggiati dal leader abruzzese di Forza Nuova, Marco Forconi, ha iniziato a marciare verso il quartiere di Rancitelli, zona abitata da diverse famiglie rom. Solo l’intervento della polizia e di alcuni capi ultrà ha evitato il peggio.
Di certo non possono essere sufficienti le parole spese dal questore di Pescara che ha ricordato che “sono cittadini italiani a tutti gli effetti, stanziali dagli anni ’40, e che non tutti sono dei delinquenti”. Viene da chiedersi se, a prescindere dalla condanna unanime di un omicidio che non ha giustificazioni ma che è imputabile esclusivamente a chi l’ha compiuto, la reazione sarebbe stata la stessa se al posto di un “rom-italiano” ci fosse stato un “italiano-italiano” e se una condanna più esplicita da parte delle istituzioni locali dei comportamenti aggressivi contro un’intera comunità avrebbe potuto evitare che molte famiglie rom terrorizzate per l’accaduto scegliessero di allontanarsi dalla città.
Il fatto che a distanza di una settimana dal primo maggio una ventina di persone con i volti coperti abbia organizzato in mezzo alla notte un’altra spedizione punitiva in una sala Bingo di Montesilvano alla ricerca di cittadini rom che per fortuna non hanno trovato, certo non rassicura.