Siamo ad Eraclea Mare, località balneare del litorale veneziano salita alla cronaca, a fine luglio, per le proteste dei migranti, la più clamorosa delle quali ha visto i profughi buttare a terra i vassoi con il cibo («II cibo? I profughi lo gettano in strada», scriveva il Giornale il 28 luglio, cavalcando l’onda della polemica scatenata da un post su Facebook di Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, il cui contenuto è stato condiviso oltre 57 mila volte, ricevendo 43 mila “Mi piace” e generando più di 17 mila commenti). La vicenda del residence Mimose, dove sono attualmente ospitati 135 migranti negli appartamenti gestiti dalla «Cooperativa sociale Solaris», è finita in tribunale.
A ricorrere all’autorità giudiziaria, avviando una sorta di “class action” contro l’Immobiliare Venezia, che ha affittato circa sessanta appartamenti dei 95 del complesso residenziale, sono stati quattordici proprietari, i quali sostengono che sia stato violato il regolamento contrattuale a causa del cambio di “destinazione d’uso” dell’immobile («da appartamenti a destinazione turistica a campo profughi, mettendo in pericolo la sicurezza e la salute dei condomini»). I ricorrenti, inoltre, si lamentano della perdita di valore dei loro appartamenti per la “presenza” dei profughi. Contestano, poi, alcune violazioni del regolamento condominiale: “portoni sempre aperti e biancheria intima e altri indumenti perennemente stesi ad asciugare su balconi e ringhiere”. I residenti chiedono, nell’istanza, di far sgomberare gli appartamenti immediatamente.
Quest’oggi, il giudice della seconda sezione civile del Tribunale di Venezia ha stabilito che i profughi sono “inquilini” del residence e come tali vanno trattati. Devono certamente sottostare al regolamento condominiale, ma hanno anche il diritto a poter chiudere porte e portoni d’ingresso e, quindi, ad avere le chiavi degli alloggi. Il giudice ha accolto, quindi, solo in parte la citazione per danni dei condomini del residence Mimose nei confronti della Immobiliare Venezia Srl.
Il magistrato, nella sua ordinanza, chiarisce, inoltre, che «i comunicati della Ulss smentiscono chiaramente l’esistenza di pericoli sanitari» e precisa che non ci sono spazi «per porre a fondamento una pronuncia come quella invocata dai ricorrenti sul deprezzamento degli appartamenti di loro proprietà». Sulla destinazione d’uso turistica, il magistrato sostiene che questa non figuri né negli atti di acquisto né nel regolamento condominiale, e che quindi si debba parlare di “complesso residenziale”. La Cooperativa Solaris (che gestisce gli appartamenti dei profughi) ha garantito che, in pochi giorni, saranno fornite a tutti i migranti presenti nel residence, le chiavi delle porte. Non erano state fornite “pensando di fare un favore ai proprietari, visto che gli ospiti possono andarsene dal residence quando vogliono”.
Una sentenza inedita e, di fatto, utile, specie in questo momento, a far chiarezza in mezzo a numerose e faziose polemiche.