Venerdì 25 Settembre 2015 un ragazzo di 29 anni è stato trovato morto in una cella del carcere di Pesaro. Il suo nome era Anas Zamzami per tutti Eneas, detenuto con l’accusa di falsa identità e resistenza a pubblico ufficiale: un reato commesso nel 2011 per cui doveva scontare una pena di 12 mesi. Già da 5 mesi Eneas si trovava in carcere, benchè il codice penale art.199/2010 preveda gli arresti domiciliari per pene inferiori ai 18 mesi.
La versione del C.C. di Villa Fastigi è che il decesso sia avvenuto per suicidio. Per familiari e amici di Eneas la dinamica dei fatti risulta invece poco chiara. Eneas, inoltre, avrebbe ottenuto l’udienza per i domiciliari il 21 ottobre, nonostante la richiesta fosse stata inoltrata nel mese di giugno. Per questo come per altri elementi poco chiari, attualmente sono in corso le indagini per istigazione a suicidio da parte del Ministero della Giustizia.
Rispetto ad Eneas, il sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) dichiara: “L’ennesima tragedia, il suicidio di un uomo nemmeno trentenne con trascorso importante di tossicodipendenza e problemi di natura psichiatrica, ripropone la questione del se può il carcere farsi carico della missione risocializzante quando il soggetto cui si rivolge non è in grado di comprendere né il disvalore delle proprie condotte né recepire le azioni di sostegno”.
Per chi lo conosceva, Eneas non aveva avuto un “trascorso importante di tossicodipendenza” ne problemi psichici, o sicuramente non prima di entrare in carcere, dai rapporti mantenuti durante le visite con i familiari e tramite comunicazioni per lettere con l’esterno, non sembra che lui non fosse in grado di comprendere “ il disvalore delle proprie condotte né recepire le azioni di sostegno”.
Leggendo il rapporto dell’associazione Antigone (del 2010) sulla casa circondariale di Pesaro, ci rendiamo conto che le condizioni dei detenuti sono al limite: celle progettate per 1 persona in cui ne risiedono due, spazi comuni insufficienti come numero e dimensioni e carenza di personale.
Ci chiediamo se queste condizioni siano adeguate e quanto possano compromettere la salute psicofisica di una persona dopo 5 mesi, Eneas si lamentava delle condizioni di vita nell’Istituto che l’avevano portato ad una significativa perdita di peso e di fiducia verso chi lo circondava.
Eneas era in Italia dall’età di 6 anni e aveva frequentato le nostre scuole pubbliche e dopo anni di lotta era riuscito ad ottenere la cittadinanza italiana proprio il giorno del suo arresto, questo per porre l’attenzione sul motivo che l’aveva portato quel giorno del 2011 a dare una falsa identità e ad opporsi alle forze dell’ordine.
La giornata del 25 ottobre nei locali dell’ex-Snia si terrà un incontro in cui invitiamo tutte le realtà interessate, per un confronto insieme sul tema del carcere e della cittadinanza e per una raccolta fondi a sostegno delle spese legali per cercare di fare chiarezza sul caso di Eneas.
L’appuntamento è per domenica 25 alle ore 12.00, presso la ex Snia, via Prenestina 173, Roma.
Per l’evento facebook clicca qui.