I volontari dell’associazione Cittadini del Mondo si erano mossi da giorni. Già a metà marzo avevano denunciato le condizioni precarie igieniche e sanitarie in cui vivono centinaia di persone titolari di protezione internazionale nella struttura occupata di Palazzo Selam, di via Arrigo Cavaglieri, zona Tor Vergata.
“Il palazzo è dotato di allacci di fortuna per acqua ed elettricità e il numero sempre crescente di occupanti ha aggravato il degrado abitativo. Famiglie, spesso numerose, vivono in micro-appartamenti privi di bagni e finestre. La mancanza di aerazione, il sovraffollamento, l’assenza di mezzi di riscaldamento e raffreddamento, rendono gli ambienti insalubri trasformandoli in potenti alleati per la diffusione del Covid-19.”, scriveva l’associazione in un appello lanciato per una raccolta di presidi sanitari (mascherine, guanti, detergenti) e altri beni primari.
Condizioni che di certo precedono di molto la diffusione del Coronavirus. Cittadini del Mondo opera infatti all’interno del Palazzo dal 2006, con uno sportello di ascolto, assistenza e orientamento sociali e sanitari.
Ecco perché l’arrivo dell’esercito avvenuto ieri per isolare la struttura, dove sono stati riscontrati due casi di contagio da Coronavirus, lascia l’amaro in bocca. Si poteva evitare.
Possibile, dicono i volontari dell’associazione, che l’esercito sia il primo e unico intervento dello Stato da quando è scoppiata l’emergenza?
E non gli si può dare torto.
Che la concentrazione di persone in luoghi chiusi costituisca un rischio è stato purtroppo reso evidente da quanto è successo negli ospedali e nelle case per anziani di mezza Italia. Che fosse necessario intervenire in via preventiva per evitare che il virus si diffondesse anche nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati, nei campi Rom e nelle occupazioni informali è stato richiesto più volte e in più documenti da molte organizzazioni della società civile (si veda qui, qui e qui).
Ora resta solo da sperare che insieme all’esercito giungano a palazzo Selam anche le mascherine e tutti i presidi sanitari necessari.
Improbabile che si possa fare oggi ciò che non si è fatto per 14 anni, ovvero supportare la ricerca di soluzioni abitative dignitose per le persone che vivono lì e per le altre migliaia che vivono per strada o nelle decine di accampamenti sparsi per la città.