Soldi in cambio di documenti. Per la precisione, fino a 2500 euro per ogni pratica che andava a buon fine. Tanto si facevano pagare un’avvocatessa e la sua assistente, a capo di un’organizzazione padovana che procurava falsi contratti di lavoro, necessari per ottenere il permesso di soggiorno, a cittadini di origine straniera.
Secondo le indagini, sarebbero 400 le pratiche avviate dal 2009, anno in cui sono iniziati gli accertamenti della questura. In particolare, lo studio legale avrebbe fornito, d’intesa con ditte complici, i documenti necessari a presentare domanda di emersione per la sanatoria 2009, la cosiddetta sanatoria “colf e badanti”.
Proprio in relazione a quel provvedimento di emersione furono molte le iniziative di protesta – tra cui la nota manifestazione messa in atto a Brescia da un gruppo di cittadini stranieri che rimasero per giorni su una gru – contro quella che venne ribattezzata “sanatoria truffa”. A Milano, l’associazione Naga, in collaborazione con Arci, Comitato Inquilini Molise Calvairate Ponti e Immigrati Autorganizzati, produsse il rapporto Truffasi, all’interno del quale veniva descritto il meccanismo di illegalità alimentato dalla sanatoria e più in generale dal sistema d’ingressi per motivi di lavoro disegnato dall’attuale normativa. Si perché quello che veniva denunciato già nel 2009, e che viene portato in luce da vicende come quella di Padova, è che alla base di questi meccanismi criminali c’è anche una legge che mantiene il cittadino straniero in condizione di dipendenza dal contratto di lavoro, a condizioni ben precise – scarsamente aderenti all’attuale realtà economica italiana – pena la perdita, o il mancato ottenimento, del permesso di soggiorno.
Una situazione da tempo denunciata da più parti, tra cui la Cgil, intervenuta su quanto avvenuto a Padova: “Da anni ci battiamo per far emergere situazioni di lavoro nero, in particolare tra gli immigrati, e qualsiasi forma di loro sfruttamento da parte di chi è più forte” ha dichiarato Alessandra Stivali della segreteria generale del sindacato, che ha ribadito la necessità di maggiori controlli per “far desistere altri malintenzionati dall’idea di sfruttare chi è in una posizione di fragilità. A tal proposito – ha proseguito Stivali – da tempo chiediamo che venga applicato l’art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione, in base al quale è prevista la concessione del permesso di soggiorno per le persone che abbiano subito sfruttamento. Si tratta di una misura di protezione umanitaria che, seppure prevista per legge, resta lettera morta. Il rischio è che queste persone restino sempre prede di chi vorrebbe sfruttarne la condizione”.
L’avvocatessa e la sua assistente sono state arrestate con l’accusa di ‘favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina’ e poste agli arresti domiciliari, mentre altre 19 persone risultano indagate.